Sintesi dell’alcol polivinilico

Sintesi dell’alcol polivinilico

La sintesi dell’alcol polivinilico (PVA) può essere facilmente riprodotta* con materiali di semplice reperimento a costi molto ridotti.

Il PVA è un polimero sintetico biodegradabile che si ottiene dalla reazione di idrolisi del polivinilacetato (PVAc).

Solitamente i polimeri sintetici si producono da reazioni di polimerizzazione cioè dove i monomeri si uniscono formando una macromolecola, perciò la sintesi del PVA è un’eccezione.

I due chimici tedeschi Herrmann e Haehnel fecero la prima sintesi del PVA per idrolisi nel 1924.

Sintesi dell’alcol polivinilico

Per sintetizzare il PVA dobbiamo recuperare i reagenti da prodotti di uso comune.
Il primo reagente è la colla vinilica… si avete capito bene proprio quella che usa Giovanni Muciaccia di Art Attack! La colla vinilica è una emulsione di acetato di vinile in acqua al 53%.

Per avere una resa migliore dobbiamo separare il polivinilacetato in una polvere solida, useremo il solfato di sodio come agente coagulante per rompere l’emulsione e ottenere il PVAc.

Il solvente per la reazione è l’etanolo o alcol etilico. Può essere usato sia quello per uso alimentare del supermercato oppure l’alcol decolorato che sappiamo preparare in lab.
L’etanolo è una sostanza infiammabile perciò non vanno utilizzate fiamme libere durante la reazione.

Il catalizzatore per la reazione di idrolisi è l’idrossido di sodio NaOH o soda caustica che si trova in scaglie dal ferramenta. È una base forte, corrosiva che produce calore se solubilizzata perciò va maneggiata con molta cura.

È estremamente importante usare i DPI (guanti, occhiali, camice) e condurre la reazione in un luogo arieggiato, privo di fiamme libere, lontano da materiale infiammabile.

reazione di sintesi dell'alcol polivinilico

Separazione PVAc dalla colla

In un pallone da 500mL mettiamo 100g di solfato di sodio, 250mL di acqua e 25 mL di etanolo. Quando il sale sarà sciolto mettiamo goccia goccia nel pallone 1g di H2SO4 concentrato sotto agitazione.

Quando la soluzione coagulante è pronta aggiungiamo poco alla volta 100g di colla vinilica portando l’agitatore magnetico alla velocità massima.

Dopo 30 minuti a 40°C lasciamo raffreddare la soluzione e spegniamo l’agitazione magnetica.
La soluzione si separerà in tre fasi: sul fondo la polvere di PVAc, in mezzo la fase acquosa contenente il sale ed in cima una schiuma contenente l’emulsionante.

Filtriamo la soluzione coagulante (che può essere riutilizzata per coagulare altra colla) e sciacquiamo a parte con acqua distillata la polvere di PVAc ottenuta.

Il PVAc risciacquato con acqua formerà una dispersione difficile da filtrare (quasi impossibile), munirsi di molta pazienza e molto tempo per l’asciugatura (magari con un forno a 40°C).

Idrolisi del PVAc in PVA

Solubilizziamo 0.5g di NaOH con il minor quantitativo di alcol possibile (non oltre 20 mL).

In un pallone da 500 mL poniamo 180 mL di etanolo e 5 g di PVAc. Portiamo a 70°C sotto vigorosa agitazione magnetica. Solubilizzato tutto il PVAc (circa 24h) versiamo la soluzione di NaOH preparata precedentemente.

Se il PVAc fatica a solubilizzarsi aggiungere 100mL di acetone nel pallone.

Teniamo a riflusso per almeno 45 minuti. Con il procedere della reazione si forma una dispersione di piccoli fiocchi di PVA poco solubili in alcol perciò la soluzione comincerà ad intorbidirsi.

Conclusa la reazione si filtra con imbuto e carta da filtro, recuperando il precipitato (polvere solida rimasta nel filtro).

La polvere di PVA ottenuta va fatta asciugare in forno a 60°C per una notte e conservata in contenitori ermetici e privi di umidità.

Dopo la sintesi dell’alcol polivinilico possiamo eseguire qualche analisi per verificare la corretta riuscita della sintesi. Se volete sapere come cliccate QUI.

Applicazioni

Il PVA è solubile in acqua perciò è utilizzato in molti ambiti in cui altri polimeri sintetici non possono essere utilizzati.

La proprietà fisiche del polimero prodotto dipendono dal grado di idrolisi ottenuto durante la reazione. Per esempio la solubilità in acqua aumenta drasticamente per gradi di idrolisi superiori al 90%.

L’alcol polivinilico viene aggiunto agli adesivi come agente addensante inoltre si usa nella produzione della carta patinata ed inkjet.

Il PVA è anche utilizzato come agente distaccante per manufatti in vetroresina, stampaggio ad iniezione e antiadesivo per materiali epossidici.

I solventi organici non attaccano il PVA ed è anche impermeabile ai gas perciò ha ottime proprietà barriera.

L’alcol polivinilico è impiegato insieme ad altri polimeri negli imballaggi, nei guanti e nelle bottiglie come strato barriera.

I supporti di stampa in PVA per i manufatti 3D possono essere sciolti in acqua a fine processo semplificando il lavoro dei Makers.

Il PVA compone alcuni film idrosolubili che usiamo tutti i giorni come la capsule per detergenti (lavastoviglie e lavatrici), sacchetti per additivi per cementi, sacchetti per lavanderia e molto altro.

L’alcol polivinilico ha applicazioni in campo farmacologico come mezzo di rilascio per principi attivi.

Il processo di elettrofilatura o electrospinning impiega soluzioni acquose di PVA per la produzione di nanofibre che compongono membrane di interesse biomedico.

*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Makers ITIS Forlì: https://www.makers-itis-forli.it 

Facciamo il sapone con i makers

sapone marsiglia

La chimica ci circonda e ci aiuta nella vita di tutti i giorni, anche quando facciamo le pulizie. In questa pagina otteniamo il sapone partendo da prodotti di scarto e scopriamo qualche curiosità su questa sostanza miracolosa.

Storia

Le prime fonti dell’invenzione del sapone risalgono al 2200 a.C. Su una tavoletta babilonese si descrive la procedura per ottenere il sapone unendo acqua, sostanze alcaline e olio.

La prima sostanza alcalina o basica prodotta per la saponificazione è la potassa (idrossido di potassio) che veniva ottenuta bollendo la cenere in acqua. La soda (idrossido di sodio) veniva invece prodotta bollendo la cenere della salicornia una pianta ricca di sodio.

In Egitto l’uso del sapone per la pulizia dei tessuti risale al 1550 a.C. , fatto testimoniato dal papiro di Ebers.
Il sapone non veniva usato per la pulizia personale dagli egizi perché era troppo aggressivo, le giuste proporzioni per ottenere un sapone adatto alla pelle vengono scoperta dagli arabi.

Anche i romani conoscevano il sapone anche se preferivano usare altre tecniche per la pulizia personale. Plinio il vecchio descrive in Historia Naturalis un metodo che usavano i galli per pulire i capelli con un prodotto ottenuto dal sego (grasso animale) e calce.

Il sapone viene importato in Europa dai mercanti genovesi e veneziani ed era considerato un bene di lusso molto raro e difficile da ottenere. I primi prodotti ottenuti da grasso animale erano maleodoranti e vennero subito rimpiazzati da oli vegetali profumati.

Durante il medioevo i maggiori produttori di sapone sono Savona e Marsiglia. Ancora oggi esiste il sapone di Marsiglia preparato da olio di oliva, soda caustica, acqua e sale.

Gli inventori del sapone per uso personale furono gli arabi, con prodotti profumati che potevano essere solidi o liquidi e di diversi colori.

Il sapone di Aleppo è prodotto con olio di oliva, timo e alloro con soda caustica. L’olio di alloro produce un sapone più schiumoso.

Chimica del sapone

Il sapone è un sale di metalli alcalini (sodio, potassio, litio, ecc…) e di un acido grasso. Nei saponi di origine naturale si parte da oli vegetali o da grasso animale e da basi forti (soda o potassa caustica).

La base forte in ambiente acquoso idrolizza i trigliceridi degli oli vegetali o dei grassi producendo un alcol detto glicerolo (o glicerina) e un sale. In parole povere la base rompe i trigliceridi in catene di acidi grassi per poi neutralizzarle.

saponificazione

I grassi e gli oli sono composti da diversi tipi di trigliceridi che influiscono in maniera differente sulle proprietà chimiche e fisiche del prodotto finale. L’olio di oliva ha una grande quantità di acido oleico nei propri trigliceridi, ma contiene anche acido palmitico, stearico e linoleico.

Anche il tipo di metallo alcalino usato nella saponificazione influisce sulle proprietà del prodotto finale. I saponi di litio e sodio sono più duri rispetto a quelli ottenuti con il potassio (generalmente liquidi) mentre i saponi di altri metalli (calcio, rame, magnesio, ecc…) sono insolubili in acqua.

molecola di sapone
oleato di sodio

La molecola di sale ottenuta nella reazione di saponificazione è formata da due parti: una testa polare (idrofila), e una coda apolare (idrofoba).

La testa della molecola che contiene le cariche di segno opposto è affine all’acqua mentre la coda senza cariche derivante dall’acido grasso è affine alle sostanze organiche apolari (oli, grassi, ecc…) e non all’acqua.

sapone sull'acqua

La molecola di sapone perciò ha una doppia natura, ha una testa che si lega a sostanze polari ed una coda che si lega a sostanze apolari. Questo tipo di molecole si dicono antifiliche e fanno da ponte tra sostanze di natura opposta (acqua e olio).

Il sapone ad una certa concentrazione si dispone con la testa polare rivolta verso l’acqua e la coda a contatto con l’aria.

formazione di micelle

Appena una sostanza apolare (grasso, olio, sporcizia, ecc…) tocca le code si lega e forma un guscio di molecole di sapone detta micella. Le micelle sono libere di muoversi dentro l’acqua perché la loro parte esterna è polare e contengono al loro interno lo sporco.

Una volta intrappolate le sostanze apolari dentro le micelle, si possono sciacquare via con facilità usando l’acqua.

Questo meccanismo imita il passaggio di sostanze attraverso le membrane delle cellule che sono composte da molecole (fosfolipidi) don la stessa “forma” del sapone .

Il sapone interagisce con il fluido in cui si trova perciò ne modifica le proprietà, una di queste è la tensione superficiale. Per questo motivo le molecole del sapone vengono chiamate tensioattivi.

Saponi nell’arte e nei mestieri*

Esistono varie tipologie di sapone prodotte nell’arco della storia dell’uomo e ne esisteranno molti altri in futuro. Il sapone di Marsiglia usato per il bucato è un esempio di un prodotto solubile in acqua, in particolare un oleato di sodio.

I saponi a base di metalli differenti dal sodio e dal potassio che sono addirittura insolubili in acqua (come gli oleati di rame, calcio e litio) possono sembrare inutili e bizzarre, ma in realtà trovano diversi impieghi nel mondo dell’arte e della meccanica.

Nei dipinti ad olio si formano spontaneamente saponi metallici; in molti di essi i restauratori hanno notato dei piccoli granelli simili all’acne sulla superficie della pittura.

Questa “malattia” nasce dalla reazione chimica tra gli acidi grassi usati come leganti e i pigmenti metallici, solitamente sono ossidi di piombo e zinco. Questi saponi si aggregano e si accumulano scrostando la vernice dalla tela del dipinto.

Il sapone però non è solo una sostanza dannosa nel mondo dell’arte. Le saponette possono essere prodotte con diversi colori, fantasie e forme dando la possibilità all’artista di esprimere le proprie idee.

sculture di sapone

Molti manufatti artistici vengono incisi artigianalmente partendo da blocchi di sapone, impiegando solo scalpelli e coltelli. Fiori, foglie ed altri oggetti possono essere inglobati in blocchi di sapone trasparente ed essere preservati per lungo tempo.

I saponi di calce trovano impiego nel mastice usato dai vetrai, molto resistente al calore e ottimo per immobilizzare il vetro.

Facciamo il sapone

Per preparare il sapone abbiamo bisogno di:

  • olio
  • idrossido di sodio NaOH
  • agitatore magnetico riscaldante

Per ogni grammo di olio bisogna aggiungere 0.140 g di idrossido di sodio.

Per esempio usiamo 75 g di olio di recupero e 10.5 g di soda caustica.

È importante sciogliere la soda caustica nel minor quantitativo di acqua distillata facendo molta attenzione a dissipare il calore prodotto dalla reazione esotermica.

Scaldiamo l’olio ad una temperatura di 50°C mescolando costantemente e aggiungiamo a filo la soluzione concentrata di idrossido di sodio. Durante questo passaggio non bisogna usare fiamme libere (es. fornelli, bunsen, ecc…) perché l’olio a contatto con la soluzione acquosa potrebbe schizzare ed incendiarsi.

Si forma una dispersione di piccole goccioline dentro le quali avviene la reazione di saponificazione.

L’emulsione formata si mantiene stabile se la quantità di acqua non è eccessiva e l’agitazione è molto vigorosa.

Mescoliamo vigorosamente per almeno 30 minuti fino ad una consistenza cremosa del composto. Si può lavare il sapone ottenuto con almeno tre lavaggi con una soluzione di NaCl satura.

Far stagionare il sapone per almeno 40 giorni in stampi per permettere l’essiccazione e il completamento della reazione.

Bibliografia

Scientific soapmaking – The chemistry of the cold process di Kevin M.Dunn – Clavicula press, Farmville, VA

Soap manufacturing technology – Luis Spitz editor – AOC Press, Urbana, Illinois

Trattato compiuto di Farmacia teorica e pratica. Quarta edizione …, Volume 2
By Julien Joseph Virey

*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Davide Di Stasio
Latest posts by Davide Di Stasio (see all)

Sintesi del solfato di idrazonio

Sintesi del solfato di idrazonio

Oggi affrontiamo la sintesi del solfato di idrazonio un sale molto utilizzato nei laboratori di chimica organica e analitica.

solfato di idrazonio

Il solfato di idrazonio è un sale dell’idrazina, a temperatura ambiente è un solido bianco solubile in acqua.

Ha molti usi nei laboratori di chimica sia in ambito analitico che sintetico, è una fonte sicura di idrazina in quanto non volatile, meno suscettibile all’ossidazione e non infiammabile. In soluzione acquosa presenta un pH leggermente acido.

Il solfato di idrazonio è un forte riducente inoltre è nucleofilo perciò presenta le principali reazioni organiche come l’attacco al carbonile e la conseguente sintesi di azine e idrazoni.

Sintesi*

Si basa sul riarrangiamento di Hoffmann. La base deprotona l’ammide favorendo la forma tautomeria che attacca il cloro in soluzione. La molecola viene ulteriormente deprotonata e a seguito della perdita del cloruro si ottiene l’isocianato.
L’isocianato con l’aggiunta di una molecola d’acqua si trasforma in acido carbammico (instabile) che si decompone nell’ammina e perde una molecola di anidride carbonica.

Materiale

    • Urea
    • Ipoclorito di sodio 5%(candeggina)
    • Idrossido di sodio
    • Acido solforico 50%
    • Gelatina

Procedimento

In una soluzione basica di ipoclorito di sodio al 5% e soda caustica 6% ad 8°C si aggiunge una soluzione di urea al 5% e 0,75g di gelatina. L’aggiunta deve essere rapida in quanto si evita la perdita dell’idrazina altamente volatile. La reazione produce una quantità di anidride carbonica che si manifesta con una effervescenza non immediata della soluzione.

Cessata l’effervescenza si riscalda la soluzione a 85°C per 5 minuti per spostare l’equilibrio verso i prodotti e successivamente si raffredda a 0°C (durante il riscaldamento il becher deve rimanere coperto per impedire la perdita di idrazina).

Si aggiunge infine l’ acido solforico 50% che neutralizza la soluzione e si tiene la temperatura compresa tra 15° e i 20°C. Alla fine dell’aggiunta di acido si ottiene un precipitato bianco di solfato di idrazonio e tracce di solfato di sodio che verranno filtrati ed essiccati. Per purificare il prodotto si può procedere con una ricristallizzazione.

*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Makers ITIS Forlì: https://www.makers-itis-forli.it