In questo articolo costruiamo insieme un episcopio, uno strumento inventato da Eulero per proiettare e ingrandire le immagini. Vediamo in cosa consiste!!
Occorrente:
2 scatole di cartone
lente d’ingrandimento 45X
lampadina
forbici
colla vinilica
È possibile anche usare la torcia del telefono, al posto della lampadina.
Procedimento:
praticare due fori sulla faccia frontale della scatola, uno grande per la lente e uno piccolo per la lampadina. Fissare la lente alla scatola aiutandosi con la colla vinilica e degli anelli di cartone, ricavati dalla seconda scatola. Inserire la lampadina* o la torcia all’interno della scatola e mettere uno schermo tra la lampadina e la lente. Tagliare una seconda superficie di cartone, per ricavarne lo schermo che reggerà l’immagine all’interno dell’episcopio. Continuare l’esperimento in una stanza buia, in modo che la lampadina illumini solo la figura. Regolare la distanza tra lo schermo e la lente finché l’immagine proiettata sul muro non sarà messa a fuoco. Assicurarsi che la scatola sia ben chiusa.
Osservazioni:
l’immagine inserita dentro l’episcopio risulta ingrandita sul muro e capovolta. Utilizzando una fonte luminosa più intensa, come una lampadina da 60W o una torcia elettrica, l’immagine appare più nitida.
Spiegazione:
la lente presenta due fuochi, dove convergono i raggi luminosi che colpiscono la figura. Se l’immagine viene posta ad una distanza maggiore rispetto al fuoco, la figura proiettata risulta ribaltata e per la particolare geometria della lente verrà anche ingrandita.
Questo è il modo in cui noi makers costruiamo un episcopio!
Provate a ripetere l’esperimento utilizzando altri oggetti, come delle piccole monete e apportando delle piccole modifiche alla vostra scatola e cambiando la lente.
Fateci sapere nei commenti cosa siete riusciti a proiettare con il vostro episcopio DIY!!
*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.
Sono un perito chimico e studente di chimica all'università di Bologna. Mi occupo di chimica, elettronica e riciclo. Faccio parte dei Makers dal 2015 da quando abbiamo fondato il gruppo.
Tutti senza saperlo usiamo continuamente questi alimentatori switching. Si trovano nei televisori , computer, caricabatterie dei cellulari, ecc… Non sono gli unici tipi di alimentatori elettronici ma sono sicuramente i più comuni ed efficienti. Ma come sono fatti questi alimentatori e come mai sono così utilizzati?
Pro e contro degli alimentatori switching
PRO
piccolo ingombro e peso a parità di potenza
rendimento maggiore
minore calore prodotto
maggiore tolleranza della tensione e frequenza di entrata
basso costo
CONTRO
circuiti complessi
rumori sulla linea di alimentazione e di uscita
rumore magnetico
Il rumore o ripple prodotto da questi alimentatori è molto complesso, ha una frequenza fondamentale che coincide con quella di commutazione dell’alimentatore e armoniche che arrivano fino ai MHz.
Schema principale degli alimentatori switching*
Esistono diversi tipi di alimentatori switching ma tutti presentano dei “blocchi” comuni che formano lo scheletro fondamentale dell’alimentatore.
Funzionamento
Ciò che permette una efficienza maggiore è l’impiego di un nucleo di ferrite più piccolo rispetto ai comuni trasformatori lineari che opera ad una frequenza più elevata di quella di rete.
La tensione di rete viene raddrizzata e livellata da un ponte di Graetz e da un condensatore elettrolitico successivamente la tensione continua passa attraverso un oscillatore che produce una onda quadra ad alta frequenza regolata in PWM in base al carico. In uscita dall’oscillatore la tensione alternata viene fatta passare nel trasformatore per essere poi rettificata e livellata. Per garantire la giusta tensione in uscita all’alimentatore esiste un anello di retroazione che agisce sull’oscillatore PWM. Nel circuito sono presenti dei filtri all’entrata e all’uscita dell’alimentatore, come ad esempio i filtri EMI, che evitano la propagazione dei rumori elettrici prodotti.
Alimentatore casalingo per il laboratorio di elettronica
Come detto in precedenza gli alimentatori switching sono largamente utilizzati negli elettrodomestici e nei computer perciò noi makers possiamo sfruttare questa situazione a nostro vantaggio.
Uno strumento fondamentale nei laboratori di elettronica è l’alimentatore, di solito si utilizzano degli alimentatori lineari perché forniscono una tensione “pulita” priva di rumori però hanno un costo elevato. Per permettere anche ai neofiti di allestire un laboratorio di elettronica a basso costo e senza troppe pretese vi presentiamo la costruzione di un alimentatore partendo da un ATX da computer fisso.
Alimentatore ATX computer fisso
I computer fissi hanno all’interno del case un alimentatore di tipo switching chiamato ATX, esso fornisce le principali tensioni ai vari componenti del computer ( hard disk, scheda madre, lettore dischi, ecc…) e possiede una discreta potenza ideale per gli esperimenti base di elettronica.
Le tensioni in uscita dal ATX sono riferite alla terra (GND) collegata alla carcassa dell’alimentatore e alla messa a terra della rete domestica e sono:
+12V giallo
+5V rosso
+3,3V arancione
0V GND nero
-5V bianco
-12V blu
Se si collega un semplice alimentatore ATX alla rete domestica questo non si accenderà perché deve essere opportunamente abilitato perciò per abilitare un alimentatore di questo tipo non basta mettere l’interruttore su ON ma deve essere fatta una giusta modifica tra due fili del connettore di uscita. Esiste un unico filo verde che esce dall’alimentatore che se viene collegato al GND “accende” l’ATX. I fili verde e nero si possono collegare o in modo permanente( saldati, intrecciati, ecc…) o con un interruttore (soluzione preferibile).
Stato delle alimentazioni
Esistono altri due fili particolari che ci avvisano dello stato di funzionamento dell’alimentatore:
+5SB viola
PWR_OK grigio
Il filo viola restituisce una +5V quando l’alimentatore verrà inserito nella rete domestica e l’interruttore primario verrà acceso (anche senza collegare i fili verde e nero). Tra +5SB e la GND si può collegare un led in serie ad una resistenza da 10Kohm che ci avvisa della presenza di tensione in entrata all’alimentatore.
Il filo grigio restituisce una +5V non appena si collegano i fili verde e nero. Tra PWR_OK e la GND si può collegare un led in serie ad una resistenza da 10Kohm che ci avvisa della presenza di tensione in uscita all’alimentatore.
Gli alimentatori ATX presentano una funzione molto comoda detta protezione che “spegne” l’alimentatore se percepisce un cortocircuito sulle uscite. Ciò evita danni ai circuiti alimentati.
Una volta apportate le giuste modifiche si può procedere con la creazione di un apposito pannello frontale da aggiungere alla carcassa dell’alimentatore. Sul pannello si inseriranno gli interruttori, spie e conferirà così un aspetto più accattivante all’alimentatore da banco di riciclo.
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Con questo semplice esperimento, osserviamo due leggi che riguardano la meccanica dei fluidi: la legge di Pascal e il principio di Archimede!!
Occorrente:
bottiglia
acqua
tappo della penna
nastro autoadesivo
graffetta
Procedimento:
Sigillare l’estremità superiore del tappo della penna mediante il nastro autoadesivo in modo da non lasciare fori. Unire la graffetta alla parte inferiore del tappo, utilizzando il nastro autoadesivo, in modo tale da mantenere il tappo verticale, una volta immerso nell’acqua. Otteniamo così il nostro DIAVOLETTO!! Inserire il diavoletto all’interno della bottiglia riempita con l’acqua e chiuderla. Applicare una pressione sulla bottiglia, stringendo con le mani le pareti della stessa.
N.B. Se quando viene chiusa la bottiglia il tappo non galleggia sulla superficie, controllare di aver sigillato bene la parte superiore.
Osservazioni:
inizialmente il diavoletto galleggia sulla superficie, ma esercitando la forza sulla bottiglia, il diavoletto scende sul fondo. Se non si applica più la pressione sulle pareti della bottiglia, il diavoletto tornerà a galleggiare.
PERCHÉ??
Spiegazione:
Inizialmente il diavoletto è in equilibrio tra la forza di Archimede, che lo spinge verso l’alto, e la sua forza peso, che tende a farlo scendere. Quando viene applicata la pressione sulle pareti della bottiglia, l’acqua, essendo un liquido, è incomprimibile quindi andrà ad occupare lo spazio, prima occupato dell’aria, all’interno del diavoletto, che aumenterà la sua densità e conseguentemente scenderà verso il basso, vincendo la spinta di Archimede. Ma perché l’acqua risente della forza esercitata sulle pareti? Ciò è dovuto alla legge di Pascal secondo cui la pressione applicata a un fluido all’interno di un contenitore viene trasmessa senza subire variazioni a tutte le superfici a contatto con il fluido.
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Cos’è un polarimetro casalingo? Ha a che fare con i polli? No, è uno strumento che permette di ruotare la luce e scoprire quali sostanze sono in grado di farlo. Proviamo a costruirne uno!
Teoria
La luce è un’onda elettromagnetica cioè l’unione di un’onda elettrica ed un’onda magnetica. Queste due onde oscillano perpendicolarmente una rispetto all’altra perfettamente sincronizzate. La luce si propaga in tutte le direzioni e le onde oscillano su tutti i possibili piani dello spazio.
Normalmente non possiamo notare questo fenomeno ma con dei particolari filtri è possibile separare le onde elettromagnetiche come se usassimo dei setacci. Questi setacci si chiamano filtri polarizzatori, sono in grado di assorbire e disperdere le onde elettromagnetiche indesiderate e far passare solo quelle che oscillano su un piano desiderato. I primi filtri polarizzatori furono i prismi di Nicol che permettono di ottenere un raggio di luce polarizzata grazie a fenomeni di rifrazione e riflessione, sono dei prismi di spato d’Islanda (calcite) opportunamente tagliati ed incollati con del balsamo del Canada. Oggi sono più comuni i filtri Polaroid formati da alcol polivinilico opportunamente lavorato, ciò permette la semplice costruzione di un polarimetro casalingo.
Costruzione*
sorgente luminosa
2 filtri polarizzatori
goniometro
scatola di cartone
contenitore di vetro trasparente
La sorgente luminosa può essere una qualsiasi lampadina o torcia a batterie con una luminosità sufficiente da attraversare i due filtri ed il campione. I filtri polarizzatori possono essere recuperati dagli schermi LCD. Per verificare il funzionamento dei filtri basta sovrapporli e ruotarne uno, si nota una variazione di luminosità della luce che li attraversa al variare dell’angolo di rotazione. Quando i filtri avranno le direzioni di polarizzazione perpendicolari non passerà alcuna luce fra di essi.
Si dispone in una scatola tutti i componenti come nell’immagine a lato, tra la sorgente luminosa e il primo filtro polarizzatore si colloca uno schermo di cartone con un foro per indirizzare la luce al campione. Si monta il secondo filtro polarizzatore (vicino all’occhio dell’osservatore) su un goniometro che permette di misurare l’angolo di rotazione tra i due filtri.
Il campione viene posto sul raggio luminoso tra i due filtri polarizzatori, se è un liquido si usa un contenitore di vetro trasparente.
Taratura
Senza mettere il campione nello strumento si accende la luce e si ruota il goniometro su cui è montato il filtro analizzatore. Osservando dal rimo filtro (analizzatore) si deve notare la totale scomparsa della luce. Si annota l’angolo di partenza.
Misurazione
Si pone nello strumento il campione e si procede con una nuova osservazione. Bisognerà ruotare nuovamente il filtro fino a totale scomparsa della luce. Si annota nuovamente l’angolo e lo si sottrae alla prima misura compiuta senza campione. L’angolo ottenuto per differenza sara il potere ottico rotatorio della sostanza. Se pur mettendo il campione nello strumento (dopo la fase di taratura) non si nota nessuna differenza vuol dire che la sostanza non è otticamente attiva.
Questo polarimetro casalingo è indispensabile nel laboratorio dei makers
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Se vi è mai capitato di avere problemi con qualche tasto del telecomando e siete stati tentati di rimpiazzarlo con un nuovo modello questa guida sulla riparazione di un telecomando TV vi cambierà la vita.
Molte persone pensano che la riparazione degli oggetti di uso comune sia un’attività complessa ma in realtà alcuni oggetti possono essere riparati anche senza essere tecnici specializzati. Oggigiorno la scelta di riparare un oggetto prima di gettarlo nel bidone assume un importanza cruciale nella nostra vita, non solo dal punto di vista economico ma anche ambientale. Di seguito riportiamo i passaggi base per la riparazione del telecomando TV.
Controlli preliminari
Prima di aprire il telecomando* e procedere con la riparazione è sempre bene verificare che le batterie siano cariche e che i contatti delle pile non siano ossidati, se così non fosse è bene rimuovere l’ossido con un pezzetto di carta abrasiva e sostituire le pile con delle nuove.
Verifica del LED infrarosso (IR)
Una volta eseguiti i passaggi preliminari si procede con la verifica del funzionamento del LED infrarosso posto sulla punta del telecomando. Il LED IR è una sorta di lampadina che emette una luce che i nostri occhi non possono percepire ma che le fotocamere dei cellulari (o anche delle vecchie videocamere a colori) riescono a registrare. Basterà puntare il telecomando verso la fotocamera e spingere qualsiasi tasto, se il telecomando è funzionante si osserverà nell’immagine ripresa dal cellulare un piccolo bagliore violaceo lampeggiante uscire dalla punta del telecomando. Se anche controllando tutti i tasti non si osserva nulla si procede con l’apertura del telecomando.
Apertura del telecomando e pulizia dei contatti interni
Il fenomeno che si presenta più frequentemente nei telecomandi è l’usura e lo sporcamento dei contatti dei pulsanti.
Si rimuovono le batterie ed eventuali viti presenti sul retro del telecomando, controllando anche nel vano porta-batterie.
Munendosi di cacciaviti a taglio di piccola misura e una vecchia tessera di plastica si fa leva sulla fessura che circonda la scocca del telecomando. Una volta aperta la scocca separare il “tappetino” di gomma con i tasti dal circuito stampato. Pulire con delicatezza le superfici dei contatti sulla scheda e sul “tappetino” di gomma con un cotton fioc imbevuto di alcol (non vanno usati altri tipi di solventi). Bisognerà rimuovere tutto lo sporco e lo strato di ossido che causano il malfunzionamento del dispositivo. Puliti adeguatamente sia la scheda che i gommini dei tasti asciugare con un secondo cotton fioc. È importante pulire ed asciugare sia i contatti della scheda elettronica che i gommini che premono su di essi per la riuscita dei prossimi passaggi.
Deposizione grafite conduttiva
Bisognerà quindi ripristinare lo strato conduttivo dei bottoni tramite uno strato di grafite, ciò può essere fatto comodamente tramite una matita. Durante i prossimi passaggi è consigliato munirsi di una lente di ingrandimento e pazienza.
Ripassare con attenzione i contatti sulla scheda elettronica con una matita non troppo appuntita, evitando di uscire fuori dalle superfici in rilievo di colore scuro. Se si dovesse uscire da tali superfici si cortocircuiterebbe un tasto del telecomando rischiando di lasciare sempre acceso il LED IR e compromettendo il corretto funzionamento dell’intero dispositivo. Una volta ripassati i contatti di tutti i tasti questi assumeranno un aspetto grigio lucido. Passare più volte la matita anche sui gommini dei tasti a contatto con la scheda evitando la lacerazione del “tappetino” di gomma.
Riassemblare il telecomando e verificate il funzionamento come spiegato nella sezione Verifica del LED infrarosso (IR). Se il telecomando non dovesse funzionare ripetere la procedura di deposizione della grafite. Se il LED IR dovesse rimanere sempre acceso anche senza premere alcun tasto ciò significa che vi è un deposito eccessivo di grafite su uno dei contatti della scheda elettronica, andrà rimosso con un cotton fioc asciutto e ritestato il corretto funzionamento.
Questa è la riparazione di un telecomando TV a portata di tutti secondo noi makers
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La spettroscopia di emissione atomica è una tecnica analitica utilizzata per analisi di metalli in tracce, si basa sull’emissione di un fotone da parte di un atomo metallico eccitato termicamente. La lunghezza d’onda della radiazione emessa sarà univoca per ogni elemento(cioè ogni elemento avrà un proprio colore) e l’intensità della radiazione sarà proporzionale alla quantità di sostanza analizzata. I chimici usano uno strumento chiamato spettrometro ad emissione atomica.
Apparecchiatura
Lo spettrometro ad emissione atomica è composta da:
Nebulizzatore: formato da due aghi perpendicolari, uno collegato all’aria compressa e l’altro al campione. Il campione sarà aspirato secondo l’effetto Venturi e il getto d’aria compressa nebulizzerà finemente il liquido.
Atomizzatore: si può usare un becco Bunsen o fornello da campeggio ponendo all’entrata dell’aria l’uscita del nebulizzatore.
Spettrometro: scatola di legno con un reticolo di diffrazione a 30° rispetto al raggio d’entrata (settore di CD-ROM spellato) ed una fenditura mobile(ricavata da 2 lamette da barba e del cartone).
Rivelatore: cellulare in modalità manuale ISO800 e diaframma 1.
Esperimento
L’esperimento* consiste nella quantificazione del sodio nell’acqua di rubinetto.
Materiale:
Standard: soluzioni a diversa concentrazione di cloruro di sodio (sale da cucina) in acqua distillata
Acqua distillata
Aria compressa 0,2 bar
Cellulare
Computer
Si accende la fiamma a butano, si apre l’aria compressa e s’immerge il tubo del nebulizzatore nella soluzione da misurare. La fiamma cambierà colore indicando il tipo di metallo contenuto nel campione (nel nostro caso il sodio è arancione). Si regola la fenditura e si allinea lo spettrometro con la fiamma permettendo al cellulare di immortalare lo spettro.
Analisi dati
Una volta registrati gli spettri di tutti gli standard e del campione si analizzano le immagini mediante il software Tracker, ricavando i massimi di intensità per la specifica riga spettrale del sodio. Ottenuti i massimi d’intensità si interpolano con i valori di concentrazione degli standard e si usa la retta di regressione per determinare la concentrazione di sodio nel campione.
Per saperne di più e vedere qualche esperimento guardate il video e il canale YouTube.
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Tutti gli esperimenti dei makers di chimica elettronica e riciclo. Consigli utili e curiosità per una conoscenza trasversale del mondo.
“noi montiamo e smontiamo delle costruzioni molto piccole (…) siamo come dei ciechi con le dita sensibili (…)abbiamo inventato diversi trucchi intelligenti per riconoscerle senza vederle.“
Primo Levi, La chiave a stella (Acciughe I), Torino: Einaudi, 1978.