Cercatore laser

Cercatore laser

Progettiamo e costruiamo insieme un cercatore laser, un accessorio molto utile per I nostri telescopi.

Di solito il cercatore è un piccolo cannocchiale con un mirino che permette di puntare il telescopio sulle stelle di interesse.

Questo piccolo cannocchiale ha un campo visivo ampio ma non sempre è comodo da usare.

Comodità del cercatore laser

Il cercatore nei telescopi newtoniani si trova su un lato del corpo principale vicino al focheggiatore.

Se il telescopio punta una stella vicina all’orizzonte con l’oculare rivolto verso il basso guardare nel cercatore diventa un’impresa difficile.

Montiamo perciò con un supporto magnetico (sul corpo principale del telescopio) un laser che punterà gli oggetti di interesse.

Non servirà praticare nessun foro sul telescopio ne usare alcun foro preesistente perché la calamità collegherà saldamente il supporto al tubo principale.

Progettazione*

Usiamo il programma gratuito Fusion360 per disegnare la struttura del sostegno magnetico.

Il laser utilizzato ha una potenza di 500 mW ed è dotato di batteria al litio ricaricabile, chiavi di sicurezza, fuoco regolabile e caricabatteria.

Ha un corpo in alluminio anodizzato nero che permette di dissipare il calore prodotto dal laser.

Il supporto magnetico avrà una base lunga e stretta che andrà appoggiata alla cornice quadrata del focheggiatore. Questo permette un allineamento grossolano con il telescopio.

All’interno del supporto a 1.5 mm dalla base, si trova una cavità per la calamita. Consigliamo di usare una calamita al neodimio, nonostante le piccole dimensioni hanno una “grande “forza”.

Potete trovare le calamite al neodimio all’interno degli Hard Disk del computer.

Il supporto ha tre fori equidistanti nella parte posteriore del cilindro per le viti di regolazione della direzione del laser. Durante l’allineamento potranno essere ruotate per spostare il raggio luminoso.

Nella parte anteriore del cilindro c’è un’incisione interna per on o-ring di bloccaggio del laser, bisogna inserire l’o-ring attorno al laser e incastrare quest’ultimo all’interno del cilindro raggiungendo la scanalatura.

Se non avete un o-ring (che si trova in ferramenta) potete provare con un elastico della grandezza giusta.

La base del sostegno non è piatta ma ha una curvatura dello stesso raggio del corpo principale del telescopio.

Costruzione

Finito il disegno su Fusion360 si esporta il disegno in formato .stl sullo slicer Cura. Il riempimento è 100% e tramite la funzione Support Blocker si rimuovono i supporti dalla cavità interna per la calamita.

Bisognerà fermare la stampa nell’ultimo layer superiore della cavità della calamita, ed inserire quest’ultima all’interno del supporto. Fatto ciò si continua con la stampa.

Per questa stampa si possono usare solo ugelli di ottone per evitare che la calamita si attacchi all’ugello.

Il laser monta anche un piccolo anello elastico per bloccare il pulsante di accensione.

Con questo accessorio vi basterà accendere il laser (opportunamente allineato con il telescopio) e puntare l’oggetto di interesse ad occhio nudo.

Il laser sembrerà toccare con il proprio raggio l’oggetto puntato, una volta raggiunto si potrà spegnere e godersi lo spettacolo dall’oculare del telescopio.

Per altri articoli di astronomia date un’occhiata QUI

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*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Maschera di Bahtinov con stampa 3D

Maschera di Bahtinov con stampa 3D

Quando puntiamo un corpo celeste come una stella vogliamo essere sicuri di aver messo correttamente a fuoco e cogliere l’immagine senza problemi. Per questa esigenza ci viene in contro un oggetto tanto semplice quanto geniale: la maschera di Bahtinov. Questa maschera è un dispositivo che aiuta a mettere a fuoco con facilità e precisione gli oggetti osservati con un telescopio.

Le maschere per la messa a fuoco sono dei cartoncini opachi con dei fori o delle fenditure che si mettono davanti all’apertura del telescopio e che creano delle figure particolari nell’immagine in uscita dall’oculare.

Storia e funzionamento

L’inventore è un astrofotografo di nome Pavel Bahtinov che perfezionò maschere già esistenti( maschera di Hartmann ) ispirandosi ai fenomeni di diffrazione. Quando le maschere hanno fori poligonali (es. buchi triangolari) l’immagine che si ottiene produce dei raggi o spike radiali all’oggetto. Se gli spike sono sottili e simmetrici allora l’oggetto è perfettamente a fuoco.

Il principale problema con le maschere esistenti era la scarsa intensità dei raggi e la conseguente difficoltà a mettere a fuoco i corpi celesti. Il problema viene risolto da Bahtinov con una maschera divisa in tre settori. Ogni settore presenta una serie di fenditure rettangolari regolari: il primo settore occupa metà maschera, gli altri due sono inclinati di ± 40° e occupano rispettivamente un quarto della maschera.

Maschera di Bahtinov con stampa 3D
maschera di Bahtinov
visione di una stella con maschera di bahtinov

L’immagine di una stella vista con il telescopio che monta la maschera di Bahtinov consiste in tre raggi che si intersecano: il primo raggio (principale) e due raggi a forma di X (secondari). I tre raggi devono intersecarsi nello stesso punto ed essere sottili. Il punto di intersezione rappresenta il corpo celeste di interesse messo perfettamente a fuoco.

Progettazione 3D della maschera di Bahtinov

*Per ottenere questo utile strumento per la messa a fuoco non occorre una spesa esorbitante o degli attrezzi stravaganti, basta semplicemente: un cartoncino nero da disegno, una matita, un righello e un paio di forbici.

Si disegna la maschera (GENERATORE MASCHERE GRATIS Emout.Shop) sul cartoncino e si ritagliano tutte le fenditure e i contorni con le forbici stando attenti ad ottenere tagli netti e puliti. Questo lavoro però richiede una pazienza non indifferente perciò vi proponiamo un modo alternativo, stampare la maschera in 3D .

Innanzitutto si immettono i parametri nel generatore di maschere (GENERATORE MASCHERE GRATIS Emout.Shop) e si genera l’immagine desiderata che viene esporta in formato SVG sul computer con l’apposito tasto. Si apre il software di modellazione grafica 3D(es. Fusion 360 ) e si importa su uno schizzo l’immagine SVG precedentemente scaricata.

Si estrude lo schizzo di uno spessore di almeno 1 mm e si esporta l’intero progetto come mesh STL da inviare allo slicer per la stampa 3D (es. CURA). Si stampa l’oggetto in PLA nero e una volta pronto si pone all’entrata del telescopio.

Intervista a Pavel Bahtinov

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Le meraviglie del mondo microscopico

Le meraviglie del mondo microscopico

La natura riserva fantastiche sorprese e ottimi spunti per migliorare la tecnologia che sfruttiamo ogni giorno. Gli animali e le piante durante l’evoluzione hanno sviluppato strategie e meccanismi ingegnosi per adattarsi all’ambiente e sopravvivere. Gli scienziati e gli ingegneri studiano scrupolosamente la natura per carpire i suoi segreti così da migliorare la nostra vita. Non preoccuparti perciò se quello che stiamo per mostrarti noi makers* ti sembrerà surreale ma approfitta di questi esempi per apprezzare le meraviglie del mondo microscopico.

Addome delle lucciole

Le lucciole sfruttano la bioluminescenza per comunicare tra loro e già questo fenomeno le rende degli animali interessanti in ambito chimico e biologico ma noi makers vogliamo mostrarti un’altra particolarità.

L’addome delle lucciole è composto da tante micro scaglie che permettono di diffondere la luce prodotta ad angoli di illuminazione più ampi e più efficientemente. Questi miglioramenti sono dovuti alla soppressione di due fenomeni ottici principali: la riflessione interna totale e la riflessione di Fresnel.

La struttura asimmetrica delle scaglie e la loro composizione chimica permette di minimizzare gli “sprechi” di luce e quindi di energia. L’implementazione di nano strutture simili a quelle delle lucciole nei LED permette un miglioramento dell’efficienza luminosa e dell’angolo di illuminazione.

Zampa del geco

Le zampe del geco sono di ispirazione per ingegneri e chimici perché riescono ad aderire su tantissimi tipi materiali. I gechi non usano delle secrezioni adesive (bio-colla) per aderire sulle superfici ma sfruttano le interazioni deboli di van der Waals.

Le zampe dei gechi perciò non sono viscide ma sono cosparse di tantissime setole nanoscopiche con un diametro di soli 0.2 micron, 50 volte inferiore a quello di un capello. L’enorme numero di setole presenti sulla zampa che instaurano ciascuna una piccolissima interazione debole permette al geco di rimanere perfettamente ancorato sulle superfici più disparate. L’unico materiale sul quale il geco non riesce ad aderire è il teflon, lo stesso materiale usato per la copertura delle pentole antiaderenti.

Esistono dei particolari tipi di nastro adesivo che non sfruttano uno strato colloso per aderire alle superfici ma sono composti da una superficie piena di nano-setole simili a quelle del geco, questi tipi di nastro adesivo possono essere attaccati e staccati ripetutamente senza perdere il loro potere adesivo.

Foglia di loto

La foglia di loto può sembrare una semplice foglia ma in realtà ha incredibili proprietà idrorepellenti e autopulenti. Le meraviglie di questa foglia erano conosciute in Asia fin dal primo secolo a.C. ma i suoi meccanismi sono stati svelati solo negli anni 70 con l’utilizzo della microscopia a scansione elettronica.

La foglia è coperta da una nano-struttura di cera che minimizza la superficie di contatto con i liquidi permettendo alla tensione superficiale di tenere coeso il fluido in una forma quasi sferica. Tutto il pulviscolo e la sporcizia sulla superficie vengono inglobate nelle gocce d’acqua che scivolando via dalla foglia di loto la mantengono pulita.

In commercio esistono vetri e vernici che sfruttano lo stesso meccanismo della foglia di loto e che presentano proprietà autopulenti.

Con questi esempi noi makers speriamo di avervi incuriositi ed incentivati a scoprire nuove meraviglie del mondo microscopico.

C’è un libro sempre aperto per tutti gli occhi: la natura

Jean-Jacques Rousseau

Riferimenti

-Hong Zhu et al 2018 J. Semicond. 39 011011
-Autumn, K. (2007). Gecko Adhesion: Structure, Function, and Applications. MRS Bulletin, 32(6), 473-478. doi:10.1557/mrs2007.80
-Marmur, A. (2004). The lotus effect: superhydrophobicity and metastability. Langmuir20(9), 3517-3519.

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Fotografia analogica, i principi chimici per noobs

Fotografia analogica, i principi chimici per noobs

La fotografia analogica, un tuffo nel passato che affascina sempre più giovani curiosi di sperimentare.

In un mondo ormai digitalizzato con gli smartphones sempre a portata di mano, fotografare è diventata un’abitudine per tutti.
La fotografia analogica sembra la scelta contro corrente degli hipster amanti del vintage, eppure sempre più giovani si avventurano in questo tipo di disciplina.

In questo articolo non staremo a disquisire i piaceri nascosti della fotografia analogica (sempre che ce ne siano davvero, bisognerebbe provare!) ma andremo dritti al sodo, per scoprire il piacere della chimica che sta alla base di ciò che per molti aveva del miracoloso: fissare sulla materia un’immagine.

Fotografia analogica, le basi chimiche!

*Click! Hai appena innescato un meccanismo sulla tua macchina fotografica che permetterà alla luce di penetrare all’interno e poter così impressionare la pellicola fotografica.

– Il supporto fotografico (la pellicola)

La pellicola è formata da diversi strati:

fotografia analogica, chimica, pellicola. Bromuro d'Argento

Strato superiore: un’emulsione di sali di alogenuro d’argento (alogeni possibili; cloro, bromo, iodio) sensibili all’esposizione luminosa e dispersi in una gelatina.

Strato inferiore: un supporto in cellulosa trasparente.

In questo esempio si parla di una pellicola bianco e nero, per le pellicole a colori sono necessari ulteriori strati per i pigmenti, rosso, verde e blu.

Arriva il fotone! La luce entra nella macchina fotografica e colpisce lo strato di alogenuro d’argento innescando una reazione a catena.

Prediamo l’esempio del bromuro d’argento AgBr:

Il bromo in forma anionica colpito dalla luce, cede un elettrone all’argento in forma cationica creando nel reticolo cristallino di AgBr alcuni atomi di Ag metallico.

Ag+ Br → Ag+ + Bro + e

Ag+ e → Ago

La struttura chimica ha ormai modificato i suoi equilibri, è stata creata un’immagine latente ancora invisibile. Dopo opportuno sviluppo chimico i punti esposti alla luce diventeranno più scuri.

– Lo sviluppo fotografico

La pellicola una volta esposta ed estratta dalla macchina fotografica (completamente al buio) viene immersa in soluzione chimica riducente. Durante la reazione si produce ulteriore argento metallico con una velocità maggiore nelle aree in cui sono già presenti atomi di metallo. Le aree con più argento metallico saranno visibilmente più scure.

Diventa visibile un’immagine! I cristalli non colpiti dalla luce non subiscono nessuna trasformazione, e restano sensibili alla luce. Andranno perciò eliminati successivamente nel processo finale di fissaggio.

Esistono altri spettri elettromagnetici oltre a quelli visibili, scopri di più in questo articolo: Fotografia ad infrarossi.

– L’arresto

La pellicola (sempre al buio) viene trattata con una soluzione acida che arresta il processo di sviluppo per evitare un eccessivo annerimento.

– Il fissaggio

La pellicola viene trattata con un ultimo reagente che permette di dissolvere l’alogenuro d’argento non reagito.

Il sale d’argento non è solubile in acqua viene così portato in soluzione con un bagno adatto come ad esempio il tiosolfato di sodio.

Una volta effettuati tutti questi processi con i giusti tempi di reazione e aver ben lavato la pellicola dalle sostanze chimiche avremo un negativo stabile che potrà essere esposto alla luce e magari successivamente sviluppato in stampa.

Fonti per approfondire:

Teoria: I processi chimici della fotografia

Pratica: Manuele di fotografia, camera oscura

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Costruiamo un episcopio

Costruiamo un episcopio

In questo articolo costruiamo insieme un episcopio, uno strumento inventato da Eulero per proiettare e ingrandire le immagini. Vediamo in cosa consiste!!

Occorrente:

  • 2 scatole di cartone
  • lente d’ingrandimento 45X
  • lampadina
  • forbici
  • colla vinilica

È possibile anche usare la torcia del telefono, al posto della lampadina.

Procedimento:

praticare due fori sulla faccia frontale della scatola, uno grande per la lente e uno piccolo per la lampadina. Fissare la lente alla scatola  aiutandosi con la colla vinilica e degli anelli di cartone, ricavati dalla seconda scatola. Inserire la lampadina* o la torcia all’interno della scatola e mettere uno schermo tra la lampadina e la lente. Tagliare una seconda superficie di cartone, per ricavarne lo schermo che reggerà l’immagine all’interno dell’episcopio.
Continuare l’esperimento in una stanza buia, in modo che la lampadina illumini solo la figura. Regolare la distanza tra lo schermo e la lente finché l’immagine proiettata sul muro non sarà messa a fuoco.  Assicurarsi che la scatola sia ben chiusa.

Osservazioni:

l’immagine inserita dentro l’episcopio risulta ingrandita sul muro e capovolta.  Utilizzando una fonte luminosa più intensa,  come una lampadina da 60W o una torcia elettrica, l’immagine appare più nitida.

Spiegazione:

la lente presenta due fuochi, dove convergono i raggi luminosi che colpiscono la figura. Se l’immagine viene posta ad una distanza maggiore rispetto al fuoco, la figura proiettata risulta ribaltata e per la particolare geometria della lente verrà anche ingrandita.

Questo è il modo in cui noi makers costruiamo un episcopio!

Provate a ripetere l’esperimento utilizzando altri oggetti, come delle piccole monete e apportando delle piccole modifiche alla vostra scatola e cambiando la lente.

Fateci sapere nei commenti cosa siete riusciti a proiettare con il vostro episcopio DIY!!

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Davide Di Stasio
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