Spettroscopia UV-vis

Spettroscopia UV-vis

La spettroscopia UV-vis è una tecnica molto utilizzata in chimica analitica e sfrutta l’interazione fra la luce e la materia. A differenza della spettroscopia IR in questa tecnica si eccitano i livelli elettronici della molecola.

Questa spettroscopia è usata in laboratorio per analisi quantitative, misura la concentrazione di molecole che assorbono nello spettro UV (100-400 nm) e visibile (400-700 nm).

La legge più importante per la quantificazione dell’analita con spettroscopia UV-vis è la legge di Lambert-Beer.

Questa legge afferma che:
La quantità di luce monocromatica assorbita (A) da una soluzione è funzione della concentrazione (c) della sostanza assorbente e della lunghezza del cammino ottico (b).

A = ε b c

legge di lambert-beer

ε è il coefficiente di assorbività molare tipico per ogni sostanza.

Per svolgere le analisi sui campioni si usa lo spettrofotometro UV-vis, uno strumento che permette di misurare l’intensità luminosa assorbita dalle sostanze.

Affrontiamo la struttura dello spettrofotometro in questa pagina, dove trattiamo in maniera più approfondita tutte le sue parti e la costruzione di un colorimetro con Arduino.

Le analisi quantitative più comuni sfruttano il metodo di analisi degli standard esterni. Il chimico prepara* una serie di soluzioni a concentrazioni note contenenti l’analita di interesse. L’assorbanza di queste soluzioni è misurata e si costruisce una retta di calibrazione, cioè una retta che riporta le concentrazioni sull’asse delle ascisse (x) e i valori di assorbanza sull’asse delle ordinate (y).

Con la regressione lineare si trova la retta che approssima meglio tutti i punti sperimentali. Una volta misurata anche l’assorbanza del campione a concentrazione incognita si usa l’equazione della retta di regressione per calcolare la concentrazione. Questo metodo funziona bene solo se la concentrazione del campione incognito è compresa nel range delle soluzioni standard.

Esistono molte altre tecniche di analisi e metodi analitici più complessi che sfruttano la spettroscopia UV-visibile.

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*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Zucche fluorescenti

Zucche fluorescenti

Quale periodo migliore se non Halloween per parlare delle zucche fluorescenti ?

Non servono strani incantesimi per impressionare e stupire le persone ma basta solo conoscere un po’ di chimica. In questa pagina vi spiego come ottenere dei bellissimi effetti speciali partendo da materiali di uso comune.

Zucche fluorescenti

Per osservare questo fenomeno molto suggestivo servono poche e semplici cose: semi di zucca, alcol o acetone, frullatore o mortaio e una luce UV (torcia UV su qualsiasi e-commerce).

In realtà non sono le zucche ad essere fluorescenti, ma i loro semi, per questo possiamo inventarci dei modi fantasiosi per sfruttare a nostro vantaggio questa proprietà chimica.

Procedimento*


Puliamo i semi di zucca dalla polpa ancora attaccata e sciacquiamoli con acqua. Asciughiamoli con un foglio di carta assorbente o con un canovaccio e sminuzziamoli finemente con un frullatore o un mortaio.

Una volta finito di triturare i semi si presenteranno come una pasta o una granella (a seconda dell’umidità di partenza). Ai semi sminuzzati si aggiunge dell’alcol o dell’acetone e si mescola con cautela.

Finita la fase di omogeneizzazione e mescolati accuratamente i semi triturati con il solvente si illumina il miscuglio con la luce UV della torcia. Si noterà una fluorescenza molto intensa di colore rosso/arancione sprigionarsi dalla soluzione.

L’effetto è visibile anche se si usa acqua invece di alcol o acetone ma l’intensità luminosa della fluorescenza sarà minore.

Spiegazione

Nei semi di zucca sono presenti delle sostanze chimiche naturali che emettono una luce colorata se illuminate con la luce UV. Lo stesso fenomeno lo abbiamo già incontrato QUI con la curcuma. Gli stessi procedimenti estrattivi sono applicabili anche con i semi di zucca.

vitamina B2
protoclorofillide

Tra le tante sostanze chimiche contenute nei semi di zucca ci concentriamo su: vitamina B2(riboflavina) e sulla protoclorofillide. Queste due sostanze naturali presentano una spiccata fluorescenza.

La vitamina B2 che si trova facilmente in farmacia è solubile in acqua e presenta una fluorescenza giallo/verde 533nm, mentre la protoclorofillide è una molecola precursore della clorofilla e presenta una fluorescenza rossa 647nm.

Con questo semplice trucco noi makers vi auguriamo buon Halloween e di stupire tutti i vostri amici con la “magia della chimica”

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Maschera di Bahtinov con stampa 3D

Maschera di Bahtinov con stampa 3D

Quando puntiamo un corpo celeste come una stella vogliamo essere sicuri di aver messo correttamente a fuoco e cogliere l’immagine senza problemi. Per questa esigenza ci viene in contro un oggetto tanto semplice quanto geniale: la maschera di Bahtinov. Questa maschera è un dispositivo che aiuta a mettere a fuoco con facilità e precisione gli oggetti osservati con un telescopio.

Le maschere per la messa a fuoco sono dei cartoncini opachi con dei fori o delle fenditure che si mettono davanti all’apertura del telescopio e che creano delle figure particolari nell’immagine in uscita dall’oculare.

Storia e funzionamento

L’inventore è un astrofotografo di nome Pavel Bahtinov che perfezionò maschere già esistenti( maschera di Hartmann ) ispirandosi ai fenomeni di diffrazione. Quando le maschere hanno fori poligonali (es. buchi triangolari) l’immagine che si ottiene produce dei raggi o spike radiali all’oggetto. Se gli spike sono sottili e simmetrici allora l’oggetto è perfettamente a fuoco.

Il principale problema con le maschere esistenti era la scarsa intensità dei raggi e la conseguente difficoltà a mettere a fuoco i corpi celesti. Il problema viene risolto da Bahtinov con una maschera divisa in tre settori. Ogni settore presenta una serie di fenditure rettangolari regolari: il primo settore occupa metà maschera, gli altri due sono inclinati di ± 40° e occupano rispettivamente un quarto della maschera.

Maschera di Bahtinov con stampa 3D
maschera di Bahtinov
visione di una stella con maschera di bahtinov

L’immagine di una stella vista con il telescopio che monta la maschera di Bahtinov consiste in tre raggi che si intersecano: il primo raggio (principale) e due raggi a forma di X (secondari). I tre raggi devono intersecarsi nello stesso punto ed essere sottili. Il punto di intersezione rappresenta il corpo celeste di interesse messo perfettamente a fuoco.

Progettazione 3D della maschera di Bahtinov

*Per ottenere questo utile strumento per la messa a fuoco non occorre una spesa esorbitante o degli attrezzi stravaganti, basta semplicemente: un cartoncino nero da disegno, una matita, un righello e un paio di forbici.

Si disegna la maschera (GENERATORE MASCHERE GRATIS Emout.Shop) sul cartoncino e si ritagliano tutte le fenditure e i contorni con le forbici stando attenti ad ottenere tagli netti e puliti. Questo lavoro però richiede una pazienza non indifferente perciò vi proponiamo un modo alternativo, stampare la maschera in 3D .

Innanzitutto si immettono i parametri nel generatore di maschere (GENERATORE MASCHERE GRATIS Emout.Shop) e si genera l’immagine desiderata che viene esporta in formato SVG sul computer con l’apposito tasto. Si apre il software di modellazione grafica 3D(es. Fusion 360 ) e si importa su uno schizzo l’immagine SVG precedentemente scaricata.

Si estrude lo schizzo di uno spessore di almeno 1 mm e si esporta l’intero progetto come mesh STL da inviare allo slicer per la stampa 3D (es. CURA). Si stampa l’oggetto in PLA nero e una volta pronto si pone all’entrata del telescopio.

Intervista a Pavel Bahtinov

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Il gatto è vivo o morto? Non ci importa!

Il gatto è vivo o morto? Non ci importa!

Cercare di capire se il gatto è vivo o morto non è la priorità della meccanica quantistica, perciò non preoccuparti troppo per la vita del gatto e affronta questo viaggio attraverso le basi della meccanica quantistica con noi Makers.

Introduzione*

La meccanica quantistica è circondata da un alone di mistero e da una miriade di aneddoti molto famosi. Potrà sembrarti una materia mistica e inarrivabile, utilizzata per imprese fantascientifiche come il teletrasporto e i super-computer quantistici ma in realtà la meccanica quantistica ha origini più “umili” che ti spieghiamo QUI.

Questa disciplina è utilizzata molto non solo in fisica ma anche in chimica. La spettroscopia utilizza molti modelli e approssimazioni quantistiche per studiare l’interazione tra la radiazione elettromagnetica e la materia a livello atomico e molecolare. La composizione dei corpi celesti e la scoperta di nuove molecole non presenti sulla terra tramite l’astrochimica si spiegano solo attraverso la meccanica quantistica.

Interpretazione di Copenaghen

Esistono diverse interpretazioni della meccanica quantistica, la prima proposta e più diffusa è l’interpretazione di Copenaghen.
Alcuni pilastri di tale interpretazione comunemente accettati sono:

1. La meccanica quantistica è intrinsecamente probabilistica e non deterministica
2. I risultati della meccanica quantistica devono ridursi a quelli della meccanica classica nelle condizioni in cui i risultati classici siano attendibili. (PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA)
3. La funzione d’onda restituisce delle probabilità (ottenibili con la legge di Born) per i risultati delle misurazioni eseguite sul sistema.
4. Non si può osservare contemporaneamente la duplice natura dei fenomeni atomici (es. onda/particella) durante lo stesso esperimento. (PRINCIPIO DI COMPLEMENTARITÀ)

Non spaventarti se nel prossimo capitolo vedrai operazioni matematiche e concetti di algebra lineare che non conosci, l’importante è cogliere l’idea di base.

Postulati della meccanica quantistica

Passiamo ora ai postulati che costituiscono la base della meccanica quantistica sui quali si sono basate tutte le scoperte e teorie oggi in uso.

stati quantici e funzioni d’onda:

Lo stato di un sistema è descritto dalla funzione d’onda Ψ(r1,r2,…,t). Il termine “descritto” significa che la funzione d’onda contiene tutte le informazioni sulle proprietà del sistema descrivibili sperimentalmente.

-operatori

Le osservabili (grandezze ricavabili sperimentalmente) sono rappresentate da operatori hermitiani che devono soddisfare le regole di commutazione:

q e q’ indicano due diverse coordinate spaziali (es. x, y, z…) e pq quantità di moto (m*v) sulla rispettiva coordinata q. δqq’ è la delta di Kronecker.


Gli operatori Ô sono hermitiani perciò garantiscono che le osservabili siano numeri reali.

CAPIAMOCI MEGLIO
*Gli operatori possono essere visti come funzioni che agiscono su spazi lineari rappresentabili tramite le matrici.
*Il commutatore è un’operazione matematica molto semplice definita nel seguente modo: [A,B] = (A*B) – (B*A)


-valore d’aspettazione e osservabili

Il valore medio dell’osservabile in una serie di esperimenti associata ad un operatore Ô è pari al valore d’aspettazione ⟨Ô⟩

Se la funzione d’onda è un’ autofunzione dell’operatore Ô applicato allora il valore d’aspettazione coincide con l’autovalore “o” associato a tale operatore.

In tutti gli altri casi la funzione d’onda può essere espressa come combinazione lineare di autofunzioni dell’operatore (PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE).

CAPIAMOCI MEGLIO
*La strana notazione con i simboli “maggiore e minore” è la notazione di Dirac o bra-ket ed è usata per “risparmiare tempo durante i calcoli”. È una notazione molto compatta e maneggevole che permette in molti casi di tralasciare simboli come quelli degli integrali.
*Se si misura il sistema la funzione d’onda che lo rappresenta collassa in una delle possibili autofunzioni che la compongono. (COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA) Questo “fenomeno” ha lo sconcertante significato (dal punto di vista classico) che una funzione che prima della misura era la sovrapposizione di molteplici autostati, di colpo si riduce ad uno solo!!!
*Schrödinger inventa il paradosso del “gatto vivo o morto” per criticare il principio di sovrapposizione, uno dei cardini dell’interpretazione di Copenaghen.

-interpretazione di Born

La densità di probabilità che una particella sia trovata in un dato volume in un dato punto dello spazio è proporzionale al quadrato della funzione d’onda, inoltre la densità di probabilità della particella in tutto lo spazio è pari a 1.

-equazione di Schrödinger (operatore evoluzione temporale)

L’evoluzione nel tempo della funzione d’onda Ψ(r1,r2,…,t) si descrive tramite l’equazione di Schrödinger ( lo scienziato del paradosso del gatto vivo o morto)

E una equazione agli autovalori in cui l’operatore hamiltoniano Ĥ descrive l’energia totale del sistema.

MODELLI

-PARTICELLA NELLA SCATOLA MONODIMENSIONALE

La risoluzione più semplice dell’equazione di Schrödinger è quella della particella nella scatola.
Essa riguarda una particella posta in una scatola monodimensionale, la quale non potrà muoversi liberamente, ma potrà assumere posizioni comprese tra 0 e L (in cui L è la lunghezza della scatola).

Al di fuori delle pareti della scatola la particella assume valori di potenziale infiniti, mentre all’interno di essa sarà nullo.
L’equazione di Schrödinger all’interno della scatola sarà uguale a quella precedentemente presentata, riferita alla particella libera. Tuttavia, non tutte le soluzioni saranno accettabili.

Per fare in modo che vengano rispettate le condizioni al contorno e la condizione di normalizzazione, la funzione non potrà assumere tutti i valori possibili di R.
Si può dimostrare, quindi, che i livelli energetici possibili per una particella nella scatola sono dipendenti da n e dalla sua funzione d’onda corrispondente.
Ossia l’energia che la particella nella scatola può assumere sarà quantizzata.
Essa potrà assumere solo valori discreti di energia, detti LIVELLI ENERGETICI.

Puoi estendere questo modello su più dimensioni rendendo la scatola bidimensionale, tridimensionale, ecc… e la forma della scatola può essere modificata passando ad anelli e sfere. Dai un’occhiata QUI.

Applicazioni della particella nella scatola

Il modello della particella nella scatola si usa in chimica per studiare gli elettroni di molecole con doppi legami coniugati. L’elettrone può essere paragonato ad una particella confinata in una scatola della dimensione del sistema coniugato (evidenziato in figura), ciò ti permette di prevedere le proprietà ottiche (come il colore assunto dalla molecola considerata) attraverso semplici calcoli. Se non l’hai ancora fatto dai un’occhiata alle proprietà ottiche della curcumina.

CAROTENE

È possibile calcolare per esempio la lunghezza d’onda della luce assorbita dal carotene che corrisponde al salto dell’elettrone tra due livelli energetici consecutivi ben precisi. Questi livelli sono N/2 e (N/2)+1 dove N è il numero totale di atomi del sistema coniugato. Considerando N (22 atomi di carbonio del sistema coniugato), m la massa dell’elettrone (9,11*10-31 Kg) e l la lunghezza media del legame chimico (1*10-10 m)

La lunghezza d’onda (misurata sperimentalmente) assorbita dalla molecola di carotene è 480 nm(blu-verde) cioè di colore complementare all’arancione.
Con il modello della particella nella scatola si ottiene ottiene 632 nm che è diverso dal valore sperimentale di 1,3 volte. Questo accade perché con l’applicazione del modello su molecole reali si trascurano molte altre interazioni fra i vari elettroni che si trovano nel sistema elettronico. I calcoli perciò forniscono un dato indicativo. Puoi ripetere i calcoli cambiando N a seconda della dimensione del sistema di doppi legami coniugati scoprendo quale radiazione interagisce con la molecola di tuo interesse, ricordati di valutare l’errore di 1,3-2 volte.

-OSCILLATORE ARMONICO

Introduciamo ora l’oscillatore armonico!
Il modello fisico di questo oscillatore è composto da due masse collegate l’una all’altra da una molla.

Nel caso monodimensionale la forza elastica è prodotta dallo scostamento della massa  dal punto di equilibrio ed è espressa come

Dato che la forza che agisce sulla particella corrisponde a 

Ne consegue che l’energia potenziale dipenderà da x secondo la seguente relazione

assumerà cioè una forma parabolica, con potenziale nullo per  x=0 

Alla stregua della particella nella scatola, risolvendo l’equazione di Schrödinger, risulterà

Dalla risoluzione dell’equazione, si ricava che l’energia dell’oscillatore armonico sarà quantizzata, quindi assumerà valori discreti, pari a 

con v = 1, 2, 3, … e μ la massa ridotta.
All’aumentare di ν la funzione d’onda risulta più ampia ai bordi, inoltre a differenza della particella nella scatola (in cui il parametro n parte da 1) il parametro v parte dal valore 0 e restituisce un’energia chiamata energia di punto zero.

Applicazioni dell’oscillatore armonico

La spettroscopia vibrazionale studia i moti vibrazionali delle molecole e si basa sul modello dell’oscillatore armonico. Data una determinata molecola puoi calcolare la “forza” del legame chimico che unisce gli atomi. Prendiamo ad esempio la molecola di acido cloridrico e determiniamo la costante di forza elastica del legame. Leggendo lo spettro infrarosso dell’acido cloridrico determiniamo la frequenza della banda Q (spazio centrale vuoto dello spettro vibro-rotazionale) 2990 cm-1.

Considerando le masse di H e Cl rispettivamente 1 uma e 35 uma si calcola μ la massa ridotta dell’oscillatore.


La costante elastica si ricava con la formula inversa della frequenza dell’oscillatore armonico

Nota che la costante elastica del legame chimico che forma la molecola di acido cloridrico HCl è elevata. Ora sei in grado anche tu di calcolare la “forza” dei legami chimici partendo dalle frequenze di vibrazione lette sugli spettri vibrazionali. Se vuoi anche identificare i composti organici incogniti dallo spettro leggi la nostra pagina sulla spettroscopia infrarossa.

Il gatto è vivo o morto?

Se sei arrivato/a fino a questo punto e ti stai ancora domandando se il gatto è vivo o morto ti lasciamo un link per toglierti tutti i dubbi.

Curiosità

-Il modello della particella nella scatola si usa anche per studiare nuclei atomici, atomi, molecole e quantum dots.
-se vuoi sapere quali molecole ci sono nello spazio clicca QUI

“Le idee audaci e ambiziose degli anticonformisti hanno sempre rappresentato le pietre miliari del progresso scientifico”

J.M.Jauch

Con questo noi makers speriamo di avervi incuriositi e di avervi dato le basi per approfondire la meccanica quantistica senza alcun timore.

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Davide Di Stasio
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Le meraviglie del mondo microscopico

Le meraviglie del mondo microscopico

La natura riserva fantastiche sorprese e ottimi spunti per migliorare la tecnologia che sfruttiamo ogni giorno. Gli animali e le piante durante l’evoluzione hanno sviluppato strategie e meccanismi ingegnosi per adattarsi all’ambiente e sopravvivere. Gli scienziati e gli ingegneri studiano scrupolosamente la natura per carpire i suoi segreti così da migliorare la nostra vita. Non preoccuparti perciò se quello che stiamo per mostrarti noi makers* ti sembrerà surreale ma approfitta di questi esempi per apprezzare le meraviglie del mondo microscopico.

Addome delle lucciole

Le lucciole sfruttano la bioluminescenza per comunicare tra loro e già questo fenomeno le rende degli animali interessanti in ambito chimico e biologico ma noi makers vogliamo mostrarti un’altra particolarità.

L’addome delle lucciole è composto da tante micro scaglie che permettono di diffondere la luce prodotta ad angoli di illuminazione più ampi e più efficientemente. Questi miglioramenti sono dovuti alla soppressione di due fenomeni ottici principali: la riflessione interna totale e la riflessione di Fresnel.

La struttura asimmetrica delle scaglie e la loro composizione chimica permette di minimizzare gli “sprechi” di luce e quindi di energia. L’implementazione di nano strutture simili a quelle delle lucciole nei LED permette un miglioramento dell’efficienza luminosa e dell’angolo di illuminazione.

Zampa del geco

Le zampe del geco sono di ispirazione per ingegneri e chimici perché riescono ad aderire su tantissimi tipi materiali. I gechi non usano delle secrezioni adesive (bio-colla) per aderire sulle superfici ma sfruttano le interazioni deboli di van der Waals.

Le zampe dei gechi perciò non sono viscide ma sono cosparse di tantissime setole nanoscopiche con un diametro di soli 0.2 micron, 50 volte inferiore a quello di un capello. L’enorme numero di setole presenti sulla zampa che instaurano ciascuna una piccolissima interazione debole permette al geco di rimanere perfettamente ancorato sulle superfici più disparate. L’unico materiale sul quale il geco non riesce ad aderire è il teflon, lo stesso materiale usato per la copertura delle pentole antiaderenti.

Esistono dei particolari tipi di nastro adesivo che non sfruttano uno strato colloso per aderire alle superfici ma sono composti da una superficie piena di nano-setole simili a quelle del geco, questi tipi di nastro adesivo possono essere attaccati e staccati ripetutamente senza perdere il loro potere adesivo.

Foglia di loto

La foglia di loto può sembrare una semplice foglia ma in realtà ha incredibili proprietà idrorepellenti e autopulenti. Le meraviglie di questa foglia erano conosciute in Asia fin dal primo secolo a.C. ma i suoi meccanismi sono stati svelati solo negli anni 70 con l’utilizzo della microscopia a scansione elettronica.

La foglia è coperta da una nano-struttura di cera che minimizza la superficie di contatto con i liquidi permettendo alla tensione superficiale di tenere coeso il fluido in una forma quasi sferica. Tutto il pulviscolo e la sporcizia sulla superficie vengono inglobate nelle gocce d’acqua che scivolando via dalla foglia di loto la mantengono pulita.

In commercio esistono vetri e vernici che sfruttano lo stesso meccanismo della foglia di loto e che presentano proprietà autopulenti.

Con questi esempi noi makers speriamo di avervi incuriositi ed incentivati a scoprire nuove meraviglie del mondo microscopico.

C’è un libro sempre aperto per tutti gli occhi: la natura

Jean-Jacques Rousseau

Riferimenti

-Hong Zhu et al 2018 J. Semicond. 39 011011
-Autumn, K. (2007). Gecko Adhesion: Structure, Function, and Applications. MRS Bulletin, 32(6), 473-478. doi:10.1557/mrs2007.80
-Marmur, A. (2004). The lotus effect: superhydrophobicity and metastability. Langmuir20(9), 3517-3519.

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