Estrazione delle sostanze naturali

Estrazione delle sostanze naturali

Come sapete le piante sono ricche di sostanze chimiche che possono essere di nostro interesse, e che non possiamo sintetizzare in laboratorio. In questo caso dobbiamo ricorrere all’estrazione, una tecnica che separa le sostanze chimiche naturali dal campione.

Come esempio estraiamo* le molecole contenute nelle foglie di agnocasto o pepe dei monaci. Essa è una pianta di interesse farmacologico.

agnocasto o pepe dei monaci

Tra le molecole contenute nell’olio di agnocasto ci sono: iridoidi, flavonoidi, alcaloidi, terpeni e steroidi.

Il tipico odore di questa pianta e delle sue bacche è dovuto principalmente all’eucaliptolo.

eucaliptolo

Il nome pepe dei monaci deriva dalla proprietà anafrodisiaca di questa pianta, che veniva usata dai monaci per rispettare il voto di castità.

La maggior concentrazione di sostanze di nostro interesse si trova nelle foglie, una volta raccolte le facciamo essiccare all’ombra girandole di tanto in tanto.

Dopo l’essiccazione riduciamo in polvere le foglie secche con un mortaio o un frullatore, questo faciliterà l’estrazione.

Se volete sapere come funziona un estrattore Soxhlet date un’occhiata alla pagina della curcumina. Questa apparecchiatura è impiegata per la estrazione delle sostanze naturali e permette di usare meno solvente rispetto ad una semplice macerazione (come per la preparazione del tè).

Molecole dell’agnocasto e proprietà

Tra le sostanze estratte ci sono: Aucubina e la Agnuside che hanno una funzione difensiva per la pianta.

agnuside

La casticina e la vitexina che fanno parte dei flavonoidi e sono i pigmenti naturali con proprietà antiossidanti.

vitexina

Il loro colore varia a seconda del pH

e della presenza di metalli come il ferro e l’alluminio in quanto si comportano come molecole complessanti (cioè formano dei composti di coordinazione con essi).

Anche le antocianine sono dei flavonoidi e colorano le piante di rosso, blu e violetto.

L’eucaliptolo e il sabinene donano l’aroma caratteristico all’intera pianta.

Gli scienziati hanno riscontrato nell’olio essenziale di agnocasto proprietà antibatteriche, in particolare nell’agnocasto bianco.

Ancora oggi studiamo le interazioni delle molecole contenute nell’Agnocasto sul sistema endocrino, in particolare sulla produzione di alcuni ormoni ipofisari.

Questo agisce sulle irregolarità del ciclo mestruale e sulla riduzione dei sintomi premestruali.

Ciò nonostante come ogni altra sostanza presenta sempre degli effetti collaterali che vanno monitorati.

Analisi delle sostanze naturali

L’estratto ha un colore bruno intenso con un odore molto forte e caratteristico.

Per separare e identificare tutte le sostanze presenti nel pallone ricorriamo alla cromatografia, le tecniche strumentali più usate sono l’HPLC e la GAS-MASSA

video estrazione sul canale

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*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Zucche fluorescenti

Zucche fluorescenti

Quale periodo migliore se non Halloween per parlare delle zucche fluorescenti ?

Non servono strani incantesimi per impressionare e stupire le persone ma basta solo conoscere un po’ di chimica. In questa pagina vi spiego come ottenere dei bellissimi effetti speciali partendo da materiali di uso comune.

Zucche fluorescenti

Per osservare questo fenomeno molto suggestivo servono poche e semplici cose: semi di zucca, alcol o acetone, frullatore o mortaio e una luce UV (torcia UV su qualsiasi e-commerce).

In realtà non sono le zucche ad essere fluorescenti, ma i loro semi, per questo possiamo inventarci dei modi fantasiosi per sfruttare a nostro vantaggio questa proprietà chimica.

Procedimento*


Puliamo i semi di zucca dalla polpa ancora attaccata e sciacquiamoli con acqua. Asciughiamoli con un foglio di carta assorbente o con un canovaccio e sminuzziamoli finemente con un frullatore o un mortaio.

Una volta finito di triturare i semi si presenteranno come una pasta o una granella (a seconda dell’umidità di partenza). Ai semi sminuzzati si aggiunge dell’alcol o dell’acetone e si mescola con cautela.

Finita la fase di omogeneizzazione e mescolati accuratamente i semi triturati con il solvente si illumina il miscuglio con la luce UV della torcia. Si noterà una fluorescenza molto intensa di colore rosso/arancione sprigionarsi dalla soluzione.

L’effetto è visibile anche se si usa acqua invece di alcol o acetone ma l’intensità luminosa della fluorescenza sarà minore.

Spiegazione

Nei semi di zucca sono presenti delle sostanze chimiche naturali che emettono una luce colorata se illuminate con la luce UV. Lo stesso fenomeno lo abbiamo già incontrato QUI con la curcuma. Gli stessi procedimenti estrattivi sono applicabili anche con i semi di zucca.

vitamina B2
protoclorofillide

Tra le tante sostanze chimiche contenute nei semi di zucca ci concentriamo su: vitamina B2(riboflavina) e sulla protoclorofillide. Queste due sostanze naturali presentano una spiccata fluorescenza.

La vitamina B2 che si trova facilmente in farmacia è solubile in acqua e presenta una fluorescenza giallo/verde 533nm, mentre la protoclorofillide è una molecola precursore della clorofilla e presenta una fluorescenza rossa 647nm.

Con questo semplice trucco noi makers vi auguriamo buon Halloween e di stupire tutti i vostri amici con la “magia della chimica”

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Le meraviglie del mondo microscopico

Le meraviglie del mondo microscopico

La natura riserva fantastiche sorprese e ottimi spunti per migliorare la tecnologia che sfruttiamo ogni giorno. Gli animali e le piante durante l’evoluzione hanno sviluppato strategie e meccanismi ingegnosi per adattarsi all’ambiente e sopravvivere. Gli scienziati e gli ingegneri studiano scrupolosamente la natura per carpire i suoi segreti così da migliorare la nostra vita. Non preoccuparti perciò se quello che stiamo per mostrarti noi makers* ti sembrerà surreale ma approfitta di questi esempi per apprezzare le meraviglie del mondo microscopico.

Addome delle lucciole

Le lucciole sfruttano la bioluminescenza per comunicare tra loro e già questo fenomeno le rende degli animali interessanti in ambito chimico e biologico ma noi makers vogliamo mostrarti un’altra particolarità.

L’addome delle lucciole è composto da tante micro scaglie che permettono di diffondere la luce prodotta ad angoli di illuminazione più ampi e più efficientemente. Questi miglioramenti sono dovuti alla soppressione di due fenomeni ottici principali: la riflessione interna totale e la riflessione di Fresnel.

La struttura asimmetrica delle scaglie e la loro composizione chimica permette di minimizzare gli “sprechi” di luce e quindi di energia. L’implementazione di nano strutture simili a quelle delle lucciole nei LED permette un miglioramento dell’efficienza luminosa e dell’angolo di illuminazione.

Zampa del geco

Le zampe del geco sono di ispirazione per ingegneri e chimici perché riescono ad aderire su tantissimi tipi materiali. I gechi non usano delle secrezioni adesive (bio-colla) per aderire sulle superfici ma sfruttano le interazioni deboli di van der Waals.

Le zampe dei gechi perciò non sono viscide ma sono cosparse di tantissime setole nanoscopiche con un diametro di soli 0.2 micron, 50 volte inferiore a quello di un capello. L’enorme numero di setole presenti sulla zampa che instaurano ciascuna una piccolissima interazione debole permette al geco di rimanere perfettamente ancorato sulle superfici più disparate. L’unico materiale sul quale il geco non riesce ad aderire è il teflon, lo stesso materiale usato per la copertura delle pentole antiaderenti.

Esistono dei particolari tipi di nastro adesivo che non sfruttano uno strato colloso per aderire alle superfici ma sono composti da una superficie piena di nano-setole simili a quelle del geco, questi tipi di nastro adesivo possono essere attaccati e staccati ripetutamente senza perdere il loro potere adesivo.

Foglia di loto

La foglia di loto può sembrare una semplice foglia ma in realtà ha incredibili proprietà idrorepellenti e autopulenti. Le meraviglie di questa foglia erano conosciute in Asia fin dal primo secolo a.C. ma i suoi meccanismi sono stati svelati solo negli anni 70 con l’utilizzo della microscopia a scansione elettronica.

La foglia è coperta da una nano-struttura di cera che minimizza la superficie di contatto con i liquidi permettendo alla tensione superficiale di tenere coeso il fluido in una forma quasi sferica. Tutto il pulviscolo e la sporcizia sulla superficie vengono inglobate nelle gocce d’acqua che scivolando via dalla foglia di loto la mantengono pulita.

In commercio esistono vetri e vernici che sfruttano lo stesso meccanismo della foglia di loto e che presentano proprietà autopulenti.

Con questi esempi noi makers speriamo di avervi incuriositi ed incentivati a scoprire nuove meraviglie del mondo microscopico.

C’è un libro sempre aperto per tutti gli occhi: la natura

Jean-Jacques Rousseau

Riferimenti

-Hong Zhu et al 2018 J. Semicond. 39 011011
-Autumn, K. (2007). Gecko Adhesion: Structure, Function, and Applications. MRS Bulletin, 32(6), 473-478. doi:10.1557/mrs2007.80
-Marmur, A. (2004). The lotus effect: superhydrophobicity and metastability. Langmuir20(9), 3517-3519.

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pH del cavolo!!!

pH del cavolo!!!

Molti studenti di chimica i primi anni avranno pronunciato la stessa frase riportata nel titolo con una accezione diversa da quella che affronteremo in questa pagina.

Per chi non lo sapesse il pH è la misura dell’acidità di una soluzione, in particolare è l’opposto del logaritmo della concentrazione di ioni H+ (protoni) presenti in essa. Non scendiamo in ulteriori dettagli di teoria risparmiando ai lettori molte formule matematiche soporifere.

I chimici per misurare il pH ricorrono a delle sostanze chiamate indicatori, essi hanno la particolarità di cambiare il proprio colore a seconda della concentrazione di H+ che le circondano. Queste sostanze riescono a percepire i protoni in soluzione in quanto esse stesse sono degli acidi o delle basi, ma sono molto deboli. Gli indicatori usati nei laboratori chimici sono solitamente sostanze sintetiche come ad esempio la fenolftaleina e il metilarancio.

pH del cavolo!!!

Esistono però anche molecole biologiche che si comportano da indicatori, alcune di esse forniscono il caratteristico colore ad alcuni ortaggi come il cavolo rosso. Tutti almeno una volta ci siamo resi conto che spremendo del succo di limone nel tè questo si schiariva, ciò avviene perché il tè si comporta da indicatore.

Si può perciò usare il colorante estratto dal cavolo rosso per ottenere un indicatore di pH casalingo con cui testare tutte le sostanze che ci circondano.

Esperimento

Tagliamo* il cavolo rosso in pezzi piccoli e facciamolo bollire in acqua per almeno 10 minuti. Con questa operazione estrarremo parte delle sostanze coloranti dal cavolo che andranno a solubilizzarsi in acqua. Passato il tempo necessario si lascia raffreddare il tutto e si procede allontanando il liquido dai pezzi di cavolo mediante una filtrazione, per questo passaggio si può usare un colino o uno scolapasta. Da questo momento il liquido potrà essere usato come indicatore di pH. In base alla quantità di acqua e di cavolo usati in partenza si può decidere se diluire o meno il liquido filtrato nell’ ultimo passaggio.

Per verificare il pH di una sostanza basterà porne una piccola quantità in un bicchiere ed aggiungere qualche goccia di indicatore. L’ intensità del colore dipenderà dalla quantità di indicatore miscelata con il campione analizzato. In questo caso il succo di cavolo assumerà un colore rosso a contatto con sostanze acide (pH basso) ed un colore blu-verde a contatto con sostanze basiche(pH alto).

Lo stesso esperimento può essere ripetuto con altri tipi di ortaggi colorati e i petali di geranio.

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