Motore a detonazione rotativa

Motore a detonazione rotativa

L’immagine che vedete come copertina è il disegno semplificato di un motore a getto molto particolare. Quell’immagine in particolare, resa disponibile dall’aeronautica militare degli Stati Uniti d’America, dovrebbe rappresentare il primo prototipo funzionante di un motore a detonazione rotativa.

Pratt & Whitney, colosso industriale impegnato nella produzione di motori aeronautici e spaziali di tutti i tipi, ha firmato un contratto per poter testare il primo motore con questa tecnologia.

Come funziona un motore a detonazione rotativa?

Il motore a detonazione rotativa, definito RDE (Rotative Detonation Engine) in inglese, si caratterizza proprio per avere una detonazione invece di una deflagrazione.
La deflagrazione consiste in una combustione che avviene con una variazione di volume.
La detonazione è una combustione che avviene in un volume costante generando un’onda d’urto.
La detonazione permette di bruciare il combustibile ad una velocità migliaia di volte superiore ad una deflagrazione. In più la spinta sfrutta l’onda d’urto che si genera.

Per consentire una detonazione continuativa la camera di combustione è un cilindro di sezione a corona circolare.

Semplifico la geometria della camera di combustione con l’immagine qui sopra.
L’aria è immessa dal davanti, la sezione di colore verde.
Per far avvenire la detonazione in maniera circolare, percorrendo la corona circolare di colore blu, immettendo il carburante nel punto successivo a dove è appena avvenuta. La parte in cui avviene la combustione è quella colorata in rosso che andranno a ruotare come il punti di detonazione e sono i punti in cui si generano onde d’urto.

È meglio degli altri motori aeronautici?

Questo motore ha dei grandi difetti.

  1. Risulta molto difficile accenderlo perché necessità di un flusso d’aria molto veloce. In particolare la velocità minima a cui può lavorare al momento è intorno a Mach 1 (ossia 1 volta la velocità del suono).
  2. Ha dei consumi oggettivamente esagerati. Avvenendo una detonazione continua a pressioni elevate, per far avvenire la combustione è necessaria una grossa quantità di carburante.
  3. Fino ad oggi è considerato molto instabile ma sembra che Pratt & Whitney abbia risolto questo problema
  4. Estremamente rumoroso

Detti i difetti principali, difetti attuali che penalizzano notevolmente l’utilizzo di massa, elenco i pregi e perché risulta una soluzione rivoluzionario.

  1. Permette di generare spinta ad altissime velocità, velocità sopra Mach 1, generando un flusso supersonico in uscita dalla camera di combustione.
  2. Pratt & Whitney dichiara di poter avere un consumo inferiore del 5% rispetto ad un motore che permette le stesse velocità
  3. Il minor consumo è dato dal maggior rendimento dovuta dalla detonazione che potrebbe ulteriormente migliorare con gli sviluppi.

Ad oggi per volare a velocità supersoniche si sono usati dei turbogetto con post-bruciatore, ramjet/scramjet, pulsogetto a detonazione o motori a razzo.
Il turbogetto è il motore più usato ma sfruttando una deflagrazione ha un’efficienza inferiore, oltre a consumare enormi quantità di carburante a causa del post bruciatore.
I ramjet e scramjet, oltre a consumare tanto in quanto il funzionamento può essere analogo al post bruciatore (semplificazione forte), sono utilizzati solo per velivoli sperimentali in quanto non possono accendersi da soli.
Il pulsogetto a detonazione, anche se sfrutta una detonazione, lavora a impulsi quindi a intermittenza.
I motori a razzo sono molto più complessi da gestire e ingombranti.

Se mai entrasse in produzione per aerei di linea risulterebbe rivoluzionario in quanto permetterebbe di volare a velocità supersoniche (oltre la velocità del suono) con facilità e quindi riportare in auge il volo passeggeri supersonico, andato in pensione con il ritiro del Concorde, aereo che detiene il record di tempo sulla tratta da New York a Londra (meno di 3 ore).

Il giroscopio e l’effetto giroscopico

Il giroscopio e l’effetto giroscopico

Il giroscopio è un oggetto che, messo in rotazione, è in grado di mantenere la direzione dell’asse di rotazione invariato.
Ne sono lampante esempio le trottole. Fin tanto che ruotano ad una certa velocità sono in grado mantenere il proprio asse di rotazione perpendicolare al suolo.
Quando le trottole iniziano a rallentare si manifesta un altro fenomeno tipico degli oggetti in rotazione come il giroscopio chiamato precessione. Infatti l’asse di rotazione della trottola si inclina e inizia a ruotare in senso opposto alla rotazione della trottola.

Ciò che avviene ad un trottola è parzialmente esplicativo degli effetti giroscopici. Parzialmente perché nonostante la precessione sia facile da notare esiste un ulteriore fenomeno che appare detta nutazione

Perché l’asse di rotazione del giroscopio ha direzione invariata?

Quando la trottola gira velocemente, la direzione dell’asse rimane invariata. Questo avviene per una legge fisica detta di conservazione del moto angolare.
Matematicamente parlando il momento (M) applicato sul corpo è dato dal suo momento di inerzia (I) e accelerazione angolare(α).

M=Iα

In parole semplici, grazie alla massa in rotazione ad una velocità relativamente alta, il corpo non cade e fin tanto che la velocità sarà sufficiente e non ci saranno disturbi esterni, continuerà a girare senza variare ala direzione dell’asse di rotazione.

Precessione del giroscopio

Quando la trottola perde energia, ossia rallenta, si inclina e inizia a girare. Quindi oltre alla rotazione attorno all’asse centrato con la punta inferiore e superiore della trottola inizia a girare attorno ad un altro asse passante solo per la punta a contatto con il terreno.

Questo moto è detto di precessione. Da notare che la rotazione di precessione ha verso opposto a quella della trottola. A livello matematico capire velocità e angolo di inclinazione della trottola è abbastanza complesso ma il momento applicato alla trottola può essere espresso grazie al lavoro complessivo (L) e alla velocità angolare di precessione (ΩP):

M=ΩP x L

Nutazione del giroscopio

La nutazione di un corpo in rotazione è molto difficile da notare ad occhio. Questo perché consiste in piccole “vibrazioni” nel moto di precessione. Avviene anche in una trottola, ma generalmente lo si nota negli ultimi istanti prima che cada e non ci si fa troppo caso.

Se si immagina la traiettoria percorsa dalla punta superiore di una trottola, ossia circa una circonferenza, con una nutazione evidente si noterà la punta oscillare attorno a questa traiettoria immaginaria.

Questo fenomeno è dovuto alla combinazione del moto di rotazione della trottola e della precessione.

Dove troviamo l’effetto giroscopico?

Oltre per utilizzi particolari come la girobussola, un dispositivo che permette un’alta precisione nell’indicare il nord magnetico per aeromobili e navi, è un fenomeno che si manifesta molto spesso. Banalmente in bicicletta o in moto, è più facile stare in equilibrio su questi mezzi quando sono in movimento, ossia quando le ruote girano, piuttosto che da fermi.

In alcuni casi specifici l’effetto giroscopio è indispensabile, ad esempio nelle moto. Una moto con una grade velocità in percorrenza di curva e grande angolo di piega necessita di muovere il manubrio nel senso opposto alla curva. Così facendo l’effetto giroscopico permette il controllo della moto.

In altri casi invece l’effetto giroscopico può essere un grosso deficit che va compensato, ad esempio negli elicotteri dove l’effetto giroscopico secondario, la precessione, e terziario, la nutazione, va compensato dal pilota o da sistemi elettronici avanzati per garantire un volo confortevole ed efficiente.

Questo fenomeno coinvolge un po’ tutti da vicino anche se spesso passa inosservato e spero che dopo questo articolo ci si riesca a fare più caso a questo fantastico fenomeno fisico.

*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

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Il volo di un aereo

Il volo di un aereo

Il volo di un aereo è difficile da concepire. Si vedono oggetti da decine di tonnellate o più che si staccano da terra dopo aver preso un po’ di velocità.
In più riescono a raggiungere velocità elevatissime. Alcuni sono in grado di farci fare 10 000 chilometri in meno di 12 ore, ossia una velocità media superiore agli 800 chilometri orari!
Eppure volano sopra la nostra testa i mezzi di trasporto più sicuri in assoluto.

Il volo di un aereo è possibile grazie alla portanza. Come già descritto in un altro articolo, la portanza è la componente della forza aerodinamica che si genera su superfici aerodinamiche. Un aereo, piccolo o grande che sia, sfrutta un’ala, ossia 2 semi ali. Diversamente come si pensa un’ aereo ha un’unica ala salvo che non sia un biplano, triplano, eccetera.

In verde scuro in primo piano un biplano mentre dietro un triplano

Indipendentemente dal numero di ali, questo tipo di velivolo è definito come aerodina ad ala fissa. Aerodina perché sfrutta la portanza per sostentarsi, ad ala fissa perché è solidale con la fusoliera. Diversamente sarebbe definita aerodina ad ala rotante come un elicottero o un quadricottero.

Il volo di un aereo come funziona?

La configurazione più semplice di un aereo è di avere due semi-ali che generano una forza verso l’alto, due superfici in coda che generano una forza verso il base (quasi sempre) e un timone verticale sempre in coda.

Il volo di un aereo quindi è consentito solo da due semi ali ed in fatti queste spesso hanno una lunghezza da punta a punta simile alla lunghezza della fusoliera.
In precedenza non è stata citata la fusoliera, ossia dove stanno i piloti ed eventuali passeggeri o oggetti. La fusoliera solitamente è neutra, non genera né portanza né deportanza anche se spesso la si vuole portante ma per ragioni legate alla facilità di staccarsi da terra la parte posteriore è molto inclinata verso l’alto e non permette sempre ciò.

In questa configurazione più semplice si hanno i piani di coda sempre deportanti in posizione neutra così che il si abbia un controllo migliore del beccheggio, ossia il movimento del muso in verticale (su e giù). Per questioni legate all’aerodinamica di un profilo alare portante (come le semi ali) e per la distribuzione voluta dei pesi, in assenza dei piani di coda l’aereo tenderebbe a picchiare. Con i piani di coda si stabilizza il comportamento.

Infine, non per importanza, è presente il piano di coda verticale che permette un controllo dell’imbardata per correggere l’assetto in fase di virata o di vento traverso.

Pilotaggio

Sia che si parli un aereo con configurazione tradizionale o più complessa, i comandi sono sempre gli stessi: volantino o barra di comando, pedaliera e manetta.

Il volantino o la barra di comando (in alcuni casi ci può essere un joystick) permettono il controllo del rollio, inclinazione a destra e sinistra del comando con rispettivo comportamento dell’aereo, e del beccheggio, inclinazione avanti e indietro con rispettiva picchiata e cabrata.
Per far avvenire ciò si usano gli alettoni. Non sono altro che superfici mobili presenti verso l’estremità delle ali nella parte posteriore. Per inclinazioni verso destra l’alettone destro sale e quello sinistro scende e viceversa. Non si muovono mai allo stesso modo
Mentre per controllare il beccheggio si usano le superfici di coda orizzontali, o parti di esse. Quando si inclinano verso il basso si picchia, verso il basso si cabra.

La pedaliera è usata per controllare la superficie mobile del piano di coda verticale. Quando si preme un pedale l’altro sale. Premendo il pedale di destra la superficie si inclinerà verso destra generando un’imbardata con muso verso destra, caso opposto con il pedale sinistro.
In molto aerei, specialmente i più semplici, hanno anche il controllo dei freni delle ruote nella pedaliera. Quando si fa scorrere il pedale avanti e indietro si aziona il timone verticale, quando lo si preme come in automobile si frenano le ruote.

Infine la manetta comanda la potenza richiesta. Essa è un leva posta al centro dell’abitacolo che se spinta in avanti, fa aumentare la potenza disponibile. Questa è usata in modo più o meno frequente in base agli automatismi dell’aereo. Tutti gli aerei però avranno sempre manetta al 100% in fase di decollo.

Affinché non ci siano continue correzioni da parte del pilota per controllare l’aeromobile quando è in fase di crociera, sono presenti altre superfici mobili che rispecchiano il funzionamento di quelle già citate detti trim. Con piccoli aggiustamenti l’aero tenderà a mantenere quell’assetto in autonomia salvo un cambiamento delle condizioni esterne.

Progettazione di un aereo

Come fatto con il pilotaggio si riportano solo le basi e le informazioni più comuni tra gli aerei a configurazione standard.
Quindi avremo due semi ali, un piano di coda orizzontale e uno verticale.

Si inizia sempre dal tipo di utilizzo del velivolo. Quindi le sue dimensioni e ma soprattutto il suo peso massimo.
Per questioni legate alla semplicità di pilotaggio, il baricentro sarà sempre davanti al punto di applicazione della portanza, questo porterà l’aereo sempre a picchiare.

Ora è possibile pensare alle due semi ali che dovranno generare più portanza del peso massimo del velivolo. Quanta di più dipende da tanti fattori complessi come la forma delle ali, della fusoliera, dei piani di coda, delle prestazioni, eccetera.

Stabilite più o meno le semi ali si guarda ai piani coda orizzontali che dovranno compensare il momento picchiante che l’aereo avrebbe naturalmente. Questo momento picchiante lo si vuole annullare nelle fasi di crociera, ossia quando si viaggia ad alta quota a velocità costante. Quindi in base alla velocità che si stima l’aereo abbia si fanno i conti.

Una formula molto semplice per conoscere la portanza è la seguente:

La formula può sembrare molto semplice, ma dietro ci sono calcoli complessi, in particolare relativamente al coefficiente di portanza (Cp). Se ne parla un po’ di più qui.

Infine si guarda al timone verticale che dovrà essere sufficientemente grande per permettere all’aeromobile di non avere imbardate involontarie in seguito alle manovre e avere una buona direzionalità. Non potrà nemmeno essere troppo grande altrimenti sarebbe un eccesso di peso inutile oltre che generare una grande quantità di resistenza aerodinamica.

Impieghi

Gli impieghi più noti sono quelli per il trasporto di persone e cose, sia commerciali che privati.
Poi ci sono gli aerei militari per la difesa di tutte le dimensioni e spesso ci si dimentica di quelli anti-incendio.

I più noti sono di una società acquisita da altri nota come Canadair. Questi sono considerati mezzi anfibi. Sono in grado di volare con parte della fusoliera in acqua così da imbarcarne e gettarla sugli incendi. Anche se sembrano molto semplici, da un punto di vista tecnico sono abbastanza complessi.

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Elicottero

Elicottero

Introduzione

L’elicottero è un velivolo facente parte della aerodine, ossia un velivolo che sfrutta la portanza per sostentarsi. Fa parte della categoria delle ali rotanti, quindi in seguito alla rotazione di un rotore genera portanza e può essere controllato.
Anche un quadricottero è considerato un’ala rotante ma questo sfrutta delle “ali”, o meglio pale.
La differenza sostanziale tra un rotore e un’ala rotante (o elica) è che il primo sfrutta la geometria variabile di esso per muoversi. 
Ma come funziona?

*Partendo dall’etimologia della parola, fa capire che è come se le singole pale facessero una spira nell’aria. Per immaginare meglio la cosa basti pensare ad una vite che fora il legno oppure al famoso velivolo di Leonardo Da Vinci.

Vite Aerea di Leonardo Da Vinci

Il funzionamento di questo esempio fa capire bene come un elicottero (ma una qualsiasi ala rotante in realtà) sia capace di prendere quota verticalmente. Per quanto riguarda una qualsiasi altra manovra è tutto più complesso.

Come funziona un elicottero?

Come molti sapranno un elicottero è costituito da un rotore principale, quello adibito a sollevare il velivolo e da un rotore di coda.

Sia il rotore di coda che il rotore principale hanno almeno 2 pale e queste possono variare la loro inclinazione. Potrebbero averne anche usa ma si avrebbero più vibrazioni. Nel caso del rotore di coda l’inclinazione delle pale è uguale per tutte allo stesso momento. Le pale del rotore principale non è detto che abbiano tutte la stessa inclinazione, o meglio, quasi mai.

Il rotore principale è costituito da una piatto oscillante e dalle pale. Queste due parti sono interconnesse tra loro.

Il piatto oscillante è costituito una parte che non ruota ma può inclinarsi, insieme a una parte che ruota.
Con il comando del pilota si inclina la parte non rotante che fa inclinare anche la parte rotante e le pale.

Rotore principale elicottero

Il rotore di coda oltre a dare direzionalità, ossia controllo di imbardata (cioè attorno all’asse verticale), evita che l’elicottero giri su se stesso. In particolare se si vede il rotore principale girare in senso orario, in assenza del rotore di coda, tutto il velivolo girerebbe in senso antiorario. Questo fenomeno è noto come controcoppia o anticoppia del rotore. Questa è una manifestazione del terzo principio della dinamica, ossia il principio di azione e reazione.
I motori esercitano una coppia sul rotore principale e questo provoca una controcoppia sul resto del velivolo.

Questo velivolo è molto complesso oltre che da progettare anche da pilotare perché a causa delle varie masse in rotazione si generano fenomeni giroscopici.

Pilotaggio di un elicottero

Per pilotare un elicottero sono presenti in abitacolo 3 comandi.
Una pedaliera, costituita da due pedali affiancati, un ciclico, mano destra del pilota in figura, ed un collettivo, mano sinistra pilota in figura.
Il ciclico è una leva che che si può muovere avanti, indietro, a destra e a sinistra.
Il ciclico è una leva che si muove su e giù

La pedaliera consente di fare ruotare il velivolo attorno all’asse verticale, movimento di imbardata, agendo sul rotore di coda.
Il ciclico, inclinando il piatto oscillante, consente di inclinare l’elicottero verso l’alto o il basso e verso destra e sinistra. I movimenti verso l’alto e il basso rappresentano il beccheggio. I movimenti verso destra e sinistra rappresentano il rollio.
Infine il collettivo permette salire e scendere di quota alzando o abbassando il piatto oscillante.
Sui più moderni, non è presente il controllo della manetta in quanto una volta accesso/i il/i motore/i i giri saranno constanti. Quindi per salire o scendere di quota ci si affiderà esclusivamente all’inclinazione delle pale comandata dal ciclico.

Diversamente da altri velivoli qui gli effetti secondari dovuti ai corpi in rotazione sono molto evidenti.
Per salire o scendere di quota basta semplicemente azionare il ciclico e vale anche al decollo.
Mentre, per esempio, per avanzare si dovrà azionare il ciclico in avanti che permette l’inclinazione delle pale così che l’elicottero si sbilanci in avanti, inclinandosi. Questa inclinazione provoca una beccheggio verso il basso quindi si tenderà a perdere quota. Sarà necessario l’intervento sul collettivo per mantenere la quota. In più per effetto giroscopico causato dal rotore principale il velivolo subirà un rollio indotto. Il velivolo si inclinerà a destra o a sinistra a seconda del verso di rotazione delle pale. Ci dovrà quindi essere anche una correzione del rollio con il ciclico.

Ogni manovra con un elicottero è abbastanza complessa a causa di fenomeni secondari da correggere.
Per questo esistono elicotteri moderni che riesco a correggere automaticamente grazie a controlli software molto avanzati.

Progettazione di un elicottero

In fase di progettazione, oltre a tenere conto di come si andrà a pilotare il velivolo bisogna tenere conto anche della sua struttura. In particolare le eliche sono sottoposte a grandissimo sforzi e il modo più semplice per far che resista sarebbe ideale farle di metalli pieni.
Questa soluzione non viene mai adottata in quanto andrebbe bene solo per piccoli elicotteri ed il peso sarebbe troppo elevato.
Si opta quindi per pale in materiale composito e che siano flessibili.

Elicottero di piccole dimensioni fermo

Come si vede dall’elicottero nell’immagine qui sopra le pale subiscono una flessione sotto il loro stesso peso.
Questa soluzione di pale flessibili è l’unica attuabile al momento per ragioni legate al peso ma porta diversi problemi noti in italiano come “flappeggio” e “brandeggio”.

Il flappeggio non è altro che l’oscillazione verticale della pala mentre il rotore ruota. Questo fenomeno causa problemi di vibrazione di effettiva portanza generata dalla pala. Avviene a causa della differenza di velocità tra la parte più vicina la rotore che è molto più lenta di quella esterna che provoca una portanza differente lungo la pala.

Il brandeggio è l’oscillazione della pala sul piano di rotazione della pala e si verifica quando l’elicottero è in movimento. La causa principale è il moto relativo tra la pala in rotazione e il movimento. In un momento la pala avrà verso concorde al moto in un altro discorde… L’alternarsi di queste situazioni provoca un’oscillazione di brandeggio.

Non è possibile evitare questi fenomeni quindi si adottano degli smorzatori così che le oscillazioni siano ridotte.

Impieghi

Gli elicotteri non sono adatti a lunghe percorrenze e sono anche particolarmente costosi in quanto consumano molto, senza parlare dei costi di manutenzione. Questo li rende quasi inutilizzati per scopi commerciali. Gli impieghi principali sono da parte delle forze dell’ordine, dei soccorsi e dei militari per operazioni di ricerca e soccorso. L’unico vero grande vantaggio è il decollo e atterraggio verticale. Questa loro caratteristica è sfruttata molto da velivoli per il trasporto di oggetti pesanti che spesso diversamente necessiterebbero di soluzioni più costose.
Opportunamente allestiti, sono impiegati per il trasporto di tralicci della corrente, parti di edifici pre-assemblati o container.

Elicottero

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La Portanza

La Portanza

Come facciamo a volare? Com’è possibile che velivoli da tonnellate di chilogrammi siano in grado di staccarsi da terra?
A parte nei casi di razzi, aerostati (ad esempio mongolfiere) e particolari velivoli militari il volo è concesso grazie alla portanza. Questi velivoli sono definiti aerodine.

Questi velivoli sfruttano l’interazione tra l’aria e un corpo da cui nasce una forza aerodinamica. La resistenza aerodinamica e la portanza sono due delle componente della forza aerodinamica

La portanza è definita come la componente della forza aerodinamica perpendicolare alla direzione del vento relativo. Quindi se non c’è vento e l’aeromobile avanza come nell’immagine la portanza sarà rappresentata dalla freccia verde sopra l’ala.

Per generare portanza è necessaria una forma particolare che sarà diversa a seconda delle velocità per cui è studiato il velivolo.
Ogni corpo aerodinamico è caratterizzato da dei coefficienti e questi compaiono nelle formule più semplici della portanza e della resistenza aerodinamica:

Come si vede dalla formula la portanza dipende dalla densità dell’aria (ρ), la superficie, in pianta, del corpo considerato (S), da un coefficiente detto di portanza (Cp) ma soprattutto dalla velocità (V), con un contributo quadratico.
Il coefficiente di portanza dipende dalla forma del corpo e dalla sua posizione rispetto al vento relativo. Ad esempio la portanza generata dall’ala di un aereo se va in avanti è superiore rispetto allo stesso aereo che si muove (ipoteticamente) all’indietro.

Ala fissa

Un aereo, definito aerodina ad ala fissa, genera portanza grazie ai motori che, generando spinta, accelerano l’aereo. Quando la velocità è tale per cui la portanza generate dall’ala è maggiore del peso del velivolo, questo potrà decollare.

Ala rotante

Anche un’aerodina ad ala rotante, ad esempio un elicottero, un quadricottero, un aerogiro, eccetera, vola grazie alla portanza. In questi casi però si ha un’ala o più (dette solitamente pale) che ruotano attorno ad un asse. In questo caso il vento relativo dipende prevalentemente dalla velocità rotazione delle pale piuttosto che dalla velocità del mezzo.

Automobilismo

Anche nell’ambito dell’automobilismo si sfrutta questa forza. Per auto stradali comuni si cerca di migliorare la forma del veicolo così da ridurre la resistenza all’avanzamento, mentre in ambito sportivo la si usa per avere percorrenze maggiori in curva.

Prendendo uno degli esempi più estremi, in Formula 1 le auto sono dotate di ali e diverse appendici aerodinamiche per avere una portanza negativa, detta deportanza.
Si sfrutta la deportanza per migliorare l’aderenza del veicolo ad alte velocità.

La forza aerodinamica

Ma come si genera la portanza? Come già detto è una componente della forza aerodinamica insieme alla resistenza e dipende dalla forma del corpo. Prendendo in considerazione un profilo aerodinamico che potrebbe essere usato per l’ala di un aereo o le pale di un elicottero, vediamo cosa succede alla velocità.

Le varie linee colorate rappresentano il percorso delle particelle di aria attorno al profilo.
Si nota (da destra a sinistra) che inizialmente sono verdi e attorno al corpo cambiano colore per poi tornare verdi. I colori tendenti all’arancione e rosso rappresentano velocità maggiori rispetto al verde, mentre l’azzurro e il blu velocità minori.
Si vede bene quindi che la velocità sopra il profilo dell’aria è mediamente maggiore rispetto a quella sotto.

Teorema di Bernoulli

Seguendo la formula qui sopra e trascurando il terzo termine (+ρgh), si nota un fenomeno particolare. Con la velocità media (u) che aumenta sopra il profilo, affinché l’equazione rimanga costante, il primo termine (p) ossia la pressione dovrà calare. Quindi essendoci una pressione sotto maggiore rispetto che sopra il profilo, si genera una spinta verso l’alto, la portanza

Ovviamente, a causa dell’attrito e dell’ingombro del profilo si creerà una forza opposta al moto, la resistenza. La combinazione di portanza e resistenza  definisce la forza aerodinamica.

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Motori a razzo

Motori a razzo

Usati prevalentemente a livello spaziale, o per trasporti annessi, è un tipo di motorizzazione che permette di ottenere altissimi valori di potenza.
Sarebbe più corretto chiamarlo endoreattore, cioè che grazie alle sostanza presenti al suo interno è in grado di generare spinta.
*I più noti sono definiti motori a combustione interna. Con questo nome si identificano 2 tipi di razzi: razzo a propellente solido e razzo a propellente liquido.
Quei motori a razzo che non rientrato tra quelli a combustione interna sono i razzi a gas freddo e i razzi elettrici.

Razzi a propellente solido

I razzi a propellente solido sfruttano una sostanza solida composta in prevalenza dal comburente e dal combustibile (possono essere presenti sostanze addensanti o di controllo).
Nei razzi a propellente solido più “efficienti”, per il trasporto di satelliti o altri corpi fuori dall’atmosfera, si usa un composto di nitrocellulosa e nitroglicerina addensati con altre sostanze. In alcuni casi vengono aggiunte sostanze tipo polvere di alluminio e/o carbone che partecipano alla combustione per un controllo maggiore sulla combustione.
Questi vengono compattati fino ad ottenere diversi blocchi di composto che verranno caricati sul velivolo.
Diversamente da come molti pensano la combustione non avviene dalla base verso la cima del razzo. La combustione avviene in modo concentrico dal centro verso le pareti del razzo. Maggiore sarà la superficie di propellente in combustione, maggiore sarà la spinta.

 

In molti casi però, per alleggerire il carico lungo la sua tratta, si divide il razzo in moduli che verranno sganciati. Prima bruceranno i moduli alla base, per poi distaccarsi, e poi i successivi più vicini alla punta.
La parte interna, detta camera di combustione può avere diverse forme a seconda di come si vuole erogare la potenza. Di solito si vuole una potenza maggiore alla partenza per poi farla calare in quanto il peso cala in seguito alla combustione.
Ovviamente tutti gas combusti devono uscire e passano attraverso un ugello con forma ben studiata così da indirizzare e far espandere correttamente i gas.

Questo tipo di razzi hanno un problema: una volta accessi non si possono spegnere. In più non è impossibile gestirne la spinta se non a priori in fase di progetto usando forme e sostanze in determinati modi.

I razzi vengono identificati da due parametri per quanto riguarda le prestazioni, impulso specifico e spinta.
Il razzo a propellente solido ha un impulso specifico tra i 200 e i 300 secondi mentre la spinta è molto variabile da forma del propellente e le sostanze usate.

Razzi a propellente liquido
SpaceX – Falcon 9 in fase lancio

I razzi a propellente liquido sono i più noti. Sono quelli che hanno trasportato lo Space Shuttle e quelli attualmente usati da Space X. Sono i più noti perché Elon Musk (fondatore di Space X) ha sviluppato questi razzi in modo che potessero essere riutilizzati. Questi sfruttano solamente un combustibile e un comburente allo stato liquido. Esistono diversi tipi configurazioni che in comune hanno la presenza di 2 serbatoi e un ugello. I due serbatoi sono per il combustibile e il comburente.

Tra i combustibili più usati ci sono l’idrogeno, il kerosene e il metano. I comburenti migliori invece sono il perossido d’idrogeno, l’idrazina e l’ossigeno. Alcune di queste sostanze, come l’idrazina, non vengono utilizzate per questioni ambientali e di sicurezza. In seguito alla combustione si possono generare nubi tossiche e corrosive che causerebbero grossi danni.

Questi razzi hanno i serbatori impilati uno sopra l’altro, quello del comburente è sempre quello più in basso in modo che i suoi condotti verso l’ugello siano corti per ridurre i rischi di incendio.
Controllati da apposite valvole i due fluidi arrivano alla camera di combustione, dove bruciano, ed i loro prodotti vengono espansi nell’ugello.

Hanno un impulso specifico tra i 300 e i 450 secondi, anche qui la spinta è molto variabile.
Questi razzi a livello di prestazioni sono superiori dei razzi a propulsione solida ma sono più pensanti a causa dei serbatoi e dei sistemi per raffreddare e gestire i fluidi e non possono ridurre le loro dimensioni man mano che brucano combustibile.
Hanno il grande vantaggio di avere una spinta regolabile da remoto mentre sono in volo e possono anche spegnersi e riaccendersi.

Razzi a gas freddo

Il razzo più semplice da pensare è quello a gas freddo e può essere assimilato a una bomboletta in pressione. Non sono altro che dei serbatori pieni di un gas in pressione che una volta liberato genera una spinta che con tempo cala.
Sono usati in esperimenti molto particolari e non per il trasporto ad alte quote o in orbita. In alcuni casi sono usati dai satelliti (già in orbita) per eseguire piccole correzioni di assetto.
Possono usare gas come l’anidride carbonica, l’idrogeno o l’elio ma le prestazioni sono molto ridotte rispetto ai due razzi precedenti.
Impulso specifico tra i 50 e i 300 secondi.

Razzi elettrici

Infine ci sono i razzi elettrici. Ne esistono di vari tipi ma quelli più efficienti e sfruttabili sono noti come propulsori ionici. Mediante un processo complesso questo razzo è in grado accelerare degli ioni del propellente scelto, molto velocemente, generando una spinta.
Il propellente odierno più usato è lo xeno (facile da ionizzare) ma in passato si usava il mercurio.

Hanno un impulso specifico elevatissimo tra i 2000 e i 4000 secondi, ma la spinta generata è insignificante visti i mezzi da spostare. Nonostante ciò questa propulsione è ampiamente usata da mezzi di esplorazione spaziale in quanto sono in grado di durare anni continuativamente e in grado di accelerare grandi masse nello spazio grazie all’assenza di attrito.

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Velivoli

Davide Di Stasio
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