Metodo degli elementi finiti

Ogni qual volta si debba dimensionare correttamente un componente è necessario fare dei calcoli, più o meno complessi a seconda del problema. Solitamente, maggiori sono le dimensioni di un corpo, maggiori sono le variabili che lo interessano e quindi fare i conti manualmente risulta impossibile. Per questo motivo si cerca di semplificare il problema scomponendo il corpo in parti più piccole (metodi degli elementi finiti).
L’applicazione di un metodo come questo è detto discretizzazione.
Questo metodo è usato in quasi tutte le applicazioni ingegneristiche (insieme ad altri) per riuscire a eseguire delle simulazioni su corpi solidi o volumi di fluido.

Purtroppo per applicazioni ingegneristiche moderne questo metodo non è applicabile manualmente per ottenere valori affidabili.
Grazie ai calcolatori (i computer) si è in grado di eseguire milioni di calcoli anche molto complessi in tempi relativamente brevi.

Come usare il metodo degli elementi finiti

A seconda del tipo di problema, si semplificherà il corpo od il volume in modo diverso. Ogni problema ha le sue caratteristiche ma, per calcoli precisi, è necessario avere entità di dimensioni quanto più vicine alle entità del corpo (o volume).

Semplificazione Monodimensionale

La semplificazione più semplice, ma anche meno precisa, è quella di semplificare la geometria con delle linee.
Su ogni linea verranno risolte le equazioni caratteristiche del problema: se è un problema di sollecitazione statica, si determineranno gli sforzi normali e di taglio.
Per ogni segmento è necessario tenere conto anche delle sollecitazioni calcolate nei segmenti adiacenti ed una volta aver risolto le varie equazioni si conoscerà il comportamento del corpo o fluido.

Se si prende come esempio una trave con supporto, considerandola incastrata al suolo, la si andrà a semplificare rendendola un’insieme di linee di lunghezza uguale. Noto il tipo di vincolo, incastro, faro le varie considerazione per eseguire i calcoli su ogni linea.

Eseguiti i calcoli sarò in grado di determinare dove sono presenti maggiori sollecitazione sulla struttura nota la densità del materiale, la sua forma ed eventualmente un ulteriore carico.

Il problema del metodo a elementi finiti monodimensionale è che non si tengono conto delle altre 2 dimensioni spaziali. Questa modalità può trovare in piego solo per prime approssimazioni in casi di geometrie simmetriche e di sezione costante.

Semplificazione Bidimensionale

In questo caso, invece di analizzare delle linee su un piano, si analizzano delle superfici su uno stesso piano. Il problema risulta bidimensionale, quindi anche questo caso non rispecchia la realtà ma è una soluzione che può risultare utile in diverse applicazione.

Un esempio, in ambito CFD (Fluidodinamica Computazionale), è quando si vuole scegliere un profilo aerodinamico da utilizzare. In prima approssimazione si confrontano i profili in un problema bidimensionale in quanto è molto più veloce da analizzare rispetto ad un problema tridimensionale per avere una prima stima delle pressioni aerodinamiche.

In questo caso le superfici possono essere di diverso tipo ma le più usate sono triangoli o quadrilateri.
I primi si adattano meglio ai problemi con geometrie complesse, ma i quadrilateri danno risultati molto più affidabili e richiedono più calcoli.

Il reticolo di figure geometriche piane viene definito “mesh” (2D) e fa da base ad un’eventuale mesh tridimensionale usata in determinate condizione. La caratteristica principale di una mesh 2d è che ogni figura piana abbia un lato in comune con quelle adiacenti. Diversamente dal caso monodimensionale, i lati dei poligoni usati non sono tutti uguali, si cerca di avere poligoni più piccoli in prossimità dei punti che si vogliono studiare o geometricamente complessi e si ingrandiscono mano mano che ci si allontana da questi punti così da rendere i calcoli più veloci.

Semplificazione Tridimensionale

Essa è caratterizzata da una mesh 3D, ossia un insieme di corpi solidi. Questi corpi possono avere diverse forme a seconda del tipo di problema o algoritmo di calcolo usato. In molti casi complessi, come gli studi fluidodinamici in cui si analizzano grandi volumi, si utilizzano algoritmi molto avanzati, quindi pesanti per un calcolatore, e si tendono ad usare mesh costituite da solidi di diverse forme e dimensioni. Sempre con lo stesso criterio, piccoli in prossimità dei corpi o di dettagli e più grandi allontanandosi dai corpi o le parti da studiare.

Mesh 2D per la creazione di una mesh 3D per simulazione fluidodinamica
Mesh 3D su componente per la simulazione a sollecitazione

I calcoli

I calcoli, oltre a dipendere dal problema, dipendono anche dal programma utilizzato per eseguirli.
Approfondire i calcoli dei singoli programmi risulta molto complesso in quanto necessitano di conoscenze di alto livello e non sono tutti facilmente reperibili ma approfondiremo i principali problemi su come vengono svolti. In più, raramente si usa 1 solo metodo per eseguire i calcoli. Il metodo degli elementi finiti non è l’unico usato in questi ambiti e non è l’unico che utilizza una mesh.
Tutti questi metodi si rifanno alle equazioni fondamentali della fisica.

Applicazioni di tutti i giorni

Questo metodo non deve spaventare per la complessità. Esistono programmi, anche gratuiti, disponibili per chiunque che rendono simulazioni alle sollecitazioni molto semplici. La mesh viene generata in autonomia da un corpo ed è necessario solo aggiungere le forze e i vincoli.
Per chi “gioca” con la stampa 3D può essere uno strumento molto utile per dimensionare correttamente componenti che devono sopportare carichi come una staffa o un ingranaggio.

Mario Campagna
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